Avvocati, da Catania firme contro la riforma «Impossibile accedere alla professione»

La Camera dei deputati ha approvato con una larga maggioranza – 395 favorevoli, sette contrari e 14 astenuti – la riforma forense lo scorso 31 ottobre. Il testo adesso deve passare al Senato per l’approvazione definitiva, ma provoca già una spaccatura nel mondo degli avvocati. Divisione che si potrebbe definire quasi generazionale.

Da una parte, Guido Alpa, presidente nazionale del consiglio forense, in una lettera dai toni soddisfatti con cui illustra le innovazioni del testo approvato, parla di «un disegno atteso da decenni volto a migliorare la nostra professione, a cui verrebbe restituita quella dignità che negli ultimi anni è stata messa a dura prova da polemiche, contestazioni e tentativi di svilimento». E in effetti non può che essere soddisfatto il presidente del consiglio forense dato che, come lui stesso ricorda nella sua lettera: «tre anni fa l’avvocatura, con il concorso di tutte le sue componenti, aveva provveduto a predisporre un progetto organico di riformulazione e rifondazione della professione», progetto che pochi giorni fa ha avuto un’approvazione quasi totale. Favorevole a questa riforma anche Maurizio De Tilla, presidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura,  – l’organo di rappresentanza politica dell’avvocatura italiana – che la definisce «un grande passo in avanti».

Tra gli oppositori, invece, il segretario generale del sindacato degli avvocati italiani – Associazione nazionale forense – Ester Perifano. È tanto contraria alla riforma che non la definisce neanche tale. «La legge sul riordino della professione forense approvata alla Camera, duole constatarlo, non ha nulla che ricordi una riforma se non il titolo, e non può che suscitare notevoli perplessità perché non risolve alcuno dei problemi effettivi degli avvocati, come ad esempio l’accesso, che viene appesantito dalla previsione di scuole forensi obbligatorie».

Tra gli avversatori anche e soprattutto alcuni giovani studenti o praticanti che da Catania a Roma tramite i social network e in modo trasversale politicamente, stanno cercando di fare rete per fare sentire il proprio dissenso. E proprio dalla città etnea è partita la petizione popolare per cercare di bloccare la riforma. «Vogliono impedire l’accesso dei giovani alla professione forense, per questo motivo hanno approvato una riforma che trasforma l’esame di abilitazione in un terno al lotto ed hanno appesantito il periodo di pratica con la frequenza di corsi obbligatori di formazione, sulla cui natura e sui cui costi non sappiamo ancora nulla», scrivono congiuntamente Agatino Lanzafame, Erio Buceti, Marco Cuttone, giovani praticanti catanesi. Politicamente di schieramenti diversi, hanno deciso di prendere una posizione congiunta «perché non è un problema personale» spiega Agatino Lanzafame. «Parlano tanto di liberalizzazioni, ma in realtà mirano a ridurre al minimo gli ingressi. Chi decide avvocato lo è già e tutto è a discapito dei giovani», aggiunge.

La petizione lanciata una settimana fa ha raccolto circa 700 firme, ma i giovani catanesi non vogliono fermarsi. Insieme a studenti, praticanti, laureandi e avvocati che non gradiscono la riforma si stanno coordinando sul gruppo Facebbok No alla riforma forense per mandare una lettera con le loro motivazioni a tutti i senatori della Repubblica.

Tra le più contestate le nuove norme per l’esame abilitante le cui prove scritte non potranno più essere svolte con l’ausilio dei codici annotati con la giurisprudenza. Anche i cambiamenti per le prove orali non sono graditi. «Viene sostanzialmente limitata la libertà dei praticanti avvocati di scegliere su quali materie sostenere l’esame conformemente al tipo di pratica svolta perché bisogna discutere sia di diritto civile che penale  e le materie da presentare passano da cinque a sette» dichiara Lanzafame.

Al tirocinio obbligatorio di 18 mesi, inoltre viene aggiunto un periodo di formazione di 24 mesi prima di poter sostenere l’esame d’abilitazione che ha una cadenza annuale. «Sarà difficile riuscire a fare contemporaneamente il tirocinio e nel frattempo prepararsi al meglio per affrontare un esame tanto difficile – conclude Agatino Lanzafame – speriamo che al Senato correggano la norma».

[Foto di Laura Marcello]

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