I rapporti tra Stato e Regione, l’autonomia e i costi dell’insularità alla luce della fiscalità di sviluppo. La questione è tema di congressi e conferenze e se ne può leggere nelle pagine di ogni ristampa dei libri accademici. La ridefinizione dei rapporti tra Stato e Regione è, dunque, una questione complessa. Soprattutto se a mancare sono le risorse finanziarie. Sul punto la Corte dei Conti siciliana, in sede di parifica del bilancio, ha certificato la non sostenibilità della autonomia nella situazione attuale, sollecitando la ridefinizione dei rapporti finanziari tra Stato e Regione. Sono le difficoltà del regionalismo differenziato di cui la Regione Siciliana ha rappresentato «un terreno di sperimentazione», sostiene il presidente della Commissione paritetica siciliana Felice Giuffrè in occasione dell’audizione in Commissione bicamerale, «la prima a prevedere nel proprio statuto una commissione paritetica per l’approvazione delle norme transitorie e di attuazione». Ovvero l’organo competente alla deliberazione delle norme attuative della Regione.
«Le norme di attuazione risalgono al 1965 e definiscono la base dei rapporti tra Stato e Regione – ricorda Giuffrè -, il problema è che nel 1971 con la riforma del sistema tributario si è passati da un’imposizione fiscale basata sul territorio a una che ruotava attorno al domicilio fiscale». Una circostanza secondo chi, come Giuffrè, è anche docente di diritto costituzionale all’Università degli Studi di Catania, «che ha reso inservibili le norme esistenti e ha contribuito alla mancata ridefinizione dei rapporti finanziari tra Stato e Regione». Gli accordi tra governo regionale e nazionale si sono susseguiti ma senza portare mai grandi risultati. «Prevedevano alcune anticipazioni da parte dello Stato con previsione di futuri conguagli – spiega Giuffrè -, ma si trattava di accordi attuati senza passare dalla commissione paritetica, privi di organicità e che provocavano una compressione dell’autonomia». Ma al di là della mancata chiamata in causa della commissione – l’unico organo competente a validare e adottare le norme di attuazione dello Statuto -, per Giuffrè, «senza adeguate risorse finanziarie l’autonomia è solo un simulacro di autonomia». Qualche novità, però, si intravede nel recente accordo di finanza pubblica. «Si terrà un tavolo tecnico il 30 maggio, per concludere la procedura di negoziato entro il 30 giugno», assicura il presidente.
Ma veniamo ai conti. L’autonomia siciliana ha risentito di un pesante contributo al risanamento della finanza pubblica, pari a 639 milioni nel 2012, arrivati a più di un miliardo nel 2018. «Costi insostenibili, questi ultimi, che si aggiungono a quelli dell’insularità», commenta il docente. Per la prima volta – a seguito dell’emanazione della legge 178 del 2020 che ha attribuito il potere di quantificazione dei costi dell’insularità alla commissione paritetica -, l’organo regionale ha provveduto a effettuare un’indagine. «I costi sono pari a sei miliardi di euro – sostiene Giuffrè sulla base di quanto prodotto in Commissione – il ponte sullo Stretto è uno degli elementi che potrebbero abbattere o risolvere i costi di insularità – aggiunge -, ed è di poco superiore a sei miliardi: quattro miliardi per le campate e due per strutture accessorie».
In Parlamento pare smuoversi qualcosa. «Non vi può essere unità nazionale laddove non vi è equità fiscale», è la posizione della senatrice Tiziana Drago. «Stiamo lavorando a una proposta sulle autonomie differenziate – prosegue Drago – si deve mettere ordine per concludere i lavori». E pone l’accento sulla fiscalità di sviluppo. Cioè la disciplina per favorire l’insediamento di imprese europee nel territorio siciliano attraverso un’imposizione fiscale agevolata. «C’era una previsione specifica sull’accordo di finanza pubblica sottoscritto dal governo nel 2021, ma poi non se ne fece più nulla – risponde Giuffrè -, adesso però la commissione ha approvato un disegno di legge che consente alla regione di intervenire sulle aliquote, nel rispetto della normativa europea». Che, secondo gli addetti ai lavori, potrebbe portare alla riduzione o addirittura all’azzeramento di alcune aliquote. «Noi abbiamo adempiuto al nostro compito, siamo in attesa che il percorso si esaurisca», conclude Giuffrè.
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