I bambini cantano in coro «colpire e seppellir ogni nemico che s’incontra sul cammino». La scena si svolge ad Augusta e non negli anni Quaranta, in pieno ventennio fascista, ma nel XXI secolo, con oltre 70 anni di repubblica alle spalle e una Costituzione che ripudia la guerra. A ospitare la canzione di Mario Ruccione, autore di numerosi componimenti inneggianti al periodo fascista tra cui la più nota Faccetta nera, è stato l’evento organizzato dal Comando Marittimo Sicilia nell’ambito della tre giorni di promozione delle attività della marina militare comprendente anche la regata Marisicilia Cup.
Tra le scuole che hanno risposto all’invito dell’ammiraglio Nicola De Felice anche l’istituto Principe di Napoli, diretto dalla Agata Sortino. Ieri mattina si sono recati insieme ai bambini delle altre scuole nella palestra Stampanone all’interno della base militare di zona Terravecchia. Con un coro formato da decine di alunni hanno intonato prima l’Inno di Mameli, poi la Preghiera del marinaio e infine l’Inno dei sommergibilisti. Scritta da Ruccione nel 1941, in piena Seconda guerra mondiale, la canzone è successivamente entrata a fare parte del repertorio ufficiale della marina militare, nonostante un testo inevitabilmente ricco della retorica fascista. Ad alcuni dei presenti la situazione ha fatto venire in mente i piccoli balilla. «Questa è la canzone che a scuola mi facevano cantare a me quann’era picciridda, con gonna e cravattino scuro e camicia bianca», dichiara un’anziana facendo riferimento anche all’abbigliamento degli alunni.
A parlare di inopportunità di insegnare ai bambini una canzone di questo tipo è la portavoce provinciale Cobas-Scuola Catania Teresa Modafferi. «Ridere in faccia alla morte, seppellire il nemico. Sono parole – dichiara – che esaltano un linguaggio, un modo di pensare, del quale, visto il contesto terribile nel quale viviamo, dovremmo al più presto liberarci. Se non altro, in nome di tutte le persone innocenti vittime dei danni collaterali della guerra e del terrorismo. La scuola – prosegue – dovrebbe promuovere la pace, la cooperazione dei cittadini e dei popoli. In sostanza, educare alla democrazia, che significa innanzitutto inclusione, rispetto e valorizzazione delle differenze». La critica riguarda anche il vestiario dei bambini: «Colpisce vedere tante bambine e tanti bambini vestiti allo stesso modo, in qualche misura irregimentati», conclude la portavoce Cobas.
In queste ore, MeridioNews ha provato a contattare la scuola Principe di Napoli per una replica, ma dall’amministrazione hanno fatto sapere che la dirigente Sortino non era raggiungibile.
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