Il decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, intitolato «Misure urgenti per la crescita del Paese», pubblicato sul Supplemento
Ordinario n. 129 alla Gazzetta Ufficiale n. 147 del 26 giugno 2012, conosciuto come decreto sviluppo 2012, tra le tante misure introdotte al fine di realizzare la crescita economica del nostro Paese, introduce anche delle disposizioni volte a tagliare dei costi. Tra questi si annoverano i costi della Giustizia.
Purtroppo il nostro Paese è stato più volte condannato in sede comunitaria a causa dei processi troppo lunghi, nonostante la ragionevole durata del processo costituisca uno dei capisaldi del sistema giuridico italiano. Le novità da segnalare per ciò che riguarda il settore giustizia nel decreto legge n. 83/2012 riguardano da una parte il filtro agli appelli e dallaltro la riforma della legge Pinto, sullequo indennizzo per i processi lunghi.
Soffermando la nostra attenzione sulle modifiche introdotte allequo indennizzo per i processi lunghi, particolare attenzione meritano le disposizioni concernenti le modifiche alla legge Pinto, la legge 24/03/2001, n. 89.
Tale legge ha introdotto il diritto (equo indennizzo) al risarcimento per i cittadini che hanno in corso una causa da più di 3-4 anni, per danni sia morali che patrimoniali, in seguito alla violazione della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dellUomo e delle Libertà Fondamentali, causa lirragionevole durata del processo.
Con lobiettivo di ridurre le spese per lo Stato, il decreto sviluppo 2012 elenca una serie di ipotesi in cui lequo indennizzo salta. Tra questi casi vi è quello riguardante la conciliazione. In particolare, larticolo 42 del decreto sviluppo 2012 ha modificato la legge Pinto, per cui quando fallisce la mediazione e il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta di mediazione, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa. In tale caso il giudice condanna listante al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento allentrata del bilancio dello Stato di unulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto.
In sostanza, non ha diritto allindennizzo dal processo troppo lungo la parte, anche vittoriosa, che senza motivo ha rifiutato la proposta di conciliazione davanti allorganismo di conciliazione e in giudizio ha ottenuto una sentenza di contenuto identico a quello proposto con la mediazione.
Chi rifiuta laccordo non ha diritto al processo breve, né allindennizzo per il processo lungo. Larticolo 54 del decreto sulla crescita, nel modificare larticolo 2 della legge Pinto (n. 89/2001), aggiunge il comma 2-quinquies, in cui si elencano i casi in cui non è riconosciuto lindennizzo, anche se il processo è durato per un tempo irragionevole.
Tra queste ipotesi spicca il caso di cui allarticolo 13, primo comma, primo periodo, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (provvedimento sulla conciliazione). Ai sensi dellarticolo 13 citato, quando il provvedimento che definisce il giudizio (celebrato a seguito del fallimento della mediazione) corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa,
La parte vincitrice è condannata, quindi. al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento allentrata del bilancio dello stato di unulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Quindi chi vince paga le spese, se la sentenza che gli dà ragione è esattamente corrispondente alla proposta di mediazione rifiutata dallinteressato.
E un ulteriore passo verso laffermazione dello strumento extragiudiziale di risoluzione delle controversie.
Foto in alto a destra tratta da loschermo.it
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