Attenti al bussli, ma anche il cyberbullismo non scherza!

NEL SECONDO CASO SI TRATTA DI ATTI E ATTEGGIAMENTI VIOLENTI MESSI IN RETE DA CHI LI COMMETTE

di Viviana Di Lorenzo

Quando si parla di bullismo, si fa riferimento a quell’insieme di atteggiamenti di violenza psicologica o fisica che i giovani mettono in atto, nei confronti dei più piccoli o dei loro coetanei. La violenza, perpetrata nel tempo, si manifesta con un crescendo di atti che diventano via via più aggressivi.

Il bullo, generalmente, si circonda di persone che lo incitano e non fanno nulla per aiutare la vittima. L’idea principale del bullo è quella di essere superiore all’altro, più forte, perciò la sua violenza si scatena senza alcun motivo fondato, ma è semplicemente causato da una differenza di età, di sesso o di popolarità tra gruppi diversi di giovani.

Si parla spesso di bullismo in classe, proprio per demolire questo fenomeno alla base: infatti tale termine è conosciuto più o meno da tutti oggi, a differenza di un tempo, in cui questi fenomeni non venivano indicati con una parola ben precisa.

Internet è considerato un mezzo molto importante per conoscere le diverse realtà che ci circondano, ma se da un lato ha portato ad un miglioramento dell’informazione, dall’altro ha dato vita ad un nuovo modo di esprimersi con violenza. Infatti dalla rete, e grazie alla possibilità di diffondere qualunque video in pochi minuti, nasce il CYBERBULLISMO. Dal nome è facile capire che si tratta di una forma particolare di bullismo, che si manifesta con atti di violenza, diffusi e messi in rete da chi li commette.

Qualche giorno fa si è parlato di un pestaggio avvenuto fuori da una scuola di Bollate, nei confronti di una ragazzina, attaccata da una coetanea, ex fidanzata del suo ragazzo. I compagni di scuola hanno ripreso la lite con il cellulare e caricato subito il video su facebook. La vittima, è stata pestata senza avere la possibilità di difendersi o fermare la compagna. Ha chiesto più volte aiuto, ma nessuno ha cercato di fermare la ragazza, anzi, chi assisteva, incitava la giovane e pensava solo a filmare la scena.

La cosa più grave di questo fenomeno è il fatto che si diffonde in modo anonimo, con l’utilizzo di nickname e non soltanto con video, ma anche con frasi – delle vere e proprie calunnie – che creano confusione e disagio nei confronti di chi le riceve.

Un altro caso, ben più grave, avvenuto pochi giorni fa, ci dimostra come le parole riescono ad essere violente e causare gravi danni. Una giovane quattordicenne, il 9 febbraio scorso, si è tolta la vita gettandosi dal tetto dell’ex hotel Palace di Cittadella, in provincia di Padova, dopo aver ricevuto degli insulti molto pesanti su un social network, ASK.fm, che si basa su uno scambio di domande e risposte fra giovani. La ragazza aveva espresso sul social network il suo disagio e la volontà di togliersi la vita e, tra le varie risposte che ha ricevuto, qualcuno le ha suggerito, con frasi violente e veri e propri insulti, a commettere il suicidio.

La cosa più difficile per chi riceve tali offese è riuscire a reagire e a superare questi attacchi. Si crea infatti una vera e propria forma di persecuzione nei confronti del soggetto, che diventa vittima di una violenza continua e senza scrupoli.

Nell’ordinamento giuridico italiano manca una norma che tratti in modo specifico le tematiche del bullismo e del cyberbullismo, ma vi sono dei reati che possono essere inquadrati in tali fenomeni. Ad esempio, la diffamazione, la violenza privata, la minaccia, l’ingiuria ed il danneggiamento. È un fenomeno che si sta allargando velocemente, se pensiamo che in pochi giorni vi sono stati già due casi di violenza su minori che hanno avuto delle conseguenze gravissime.

È molto difficile fermare il cyberbullismo. E’ complicato individuarlo, sia perché forse i ragazzi non ne parlano abbastanza con i genitori, sia perché gli adulti non sono a conoscenza di tutto ciò che fanno i figli al computer.

È necessario educare i giovani al corretto utilizzo di internet, al rispetto degli altri, soprattutto di chi vive dei disagi. Probabilmente è difficile capire se il proprio figlio è vittima o, al contrario, è artefice di tale violenza. Ma è necessario mostrarsi attenti ed essere sempre vigili nella vita dei figli.

L’adolescenza è un’età difficile e richiede la giusta attenzione, da parte della famiglia e della scuola, nei confronti di tutti quei gesti visibili ed invisibili che i ragazzi mettono in atto per dimostrare il loro malessere e chiedere aiuto.

 

Redazione

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