Chi è Abduselam, l’uomo che controlla quasi tutta la Libia Tra investimenti in oro e traffico di migranti: «Lui li manda»

«È un uomo basso, con la dentatura bianca, la voce stridula e un piccolo problema al braccio sinistro che non riesce a distendere completamente». Il profilo è quello di colui che dovrebbe chiamarsi Abduselam, il trafficante di esseri umani a cui le autorità di mezza Europa stanno danno la caccia. Il suo nome non è stato pronunciato soltanto dai migranti vittime delle tratta di esseri umani ma è finito anche nei documenti dell’operazione Glauco 4. I magistrati della procura di Palermo lo accusano di essere «uno dei principali responsabili delle partenze di migranti dalle coste della Libia». Di Abduselam si sa che è originario dell’Eritrea e che il suo quartier generale in Africa si trova ad Ash-Shwayrif, nel cuore del deserto libico distante poco più di 300 chilometri in linea d’aria dalla capitale Tripoli. Ed è proprio in questa sperduta località che Abduselam avrebbe fatto costruire una moschea. L’uomo però potrebbe essersi spostato e non si esclude un controllo degli affari a distanza, magari dalla lussuosa Dubai

Il trafficante, stando ai racconti di chi lo ha potuto vedere con i propri occhi, «controlla quasi tutta la Libia». Un potere criminale ed economico difficile da quantificare ufficialmente ma che poggerebbe sulla gestione di tre campi di prigionia e un piccolo esercito di uomini armati al suo servizio. Le zone indicate dai testimoni sono quelle di Cufra, nella regione della Cirenaica, Bani Walid all’interno del distretto di Misurata e infine AshShwayrif, cioè il punto in cui Abduselam risiederebbe e in cui ci sarebbe la presenza di un centro di detenzione, indicato come «il giardino dei datteri», capace di ospitare migliaia di migranti in fuga dall’Africa. Nel mercato degli uomini lo spartito svela diversi casi in cui i migranti vengono rubati tra le varie bande contrapposte o comprati al ribasso per effettuare speculazioni

Nei nastri delle intercettazioni gli investigatori sono riusciti anche a captare le voce del trafficante eritreo. Ed è così che emerge un particolare inedito riguardo agli investimenti che l’uomo curerebbe con i soldi dei riscatti da parte dei familiari delle persone che si spostano verso l’Europa. «Si preoccupava di trasferire il denaro in luoghi sicuri – si legge in uno dei documenti della procura – cautelandosi dalla possibile valutazione monetaria mediante l’acquisto di oro». In un’intercettazione telefonica Abduselam, parlando con un uomo libico non identificato, fa riferimento, senza giri di parole, al prezioso metallo, preannunciando anche l’invio di una foto per dimostrare l’investimento. 

Il grosso dei soldi dei trafficanti, secondo quanto emerge nei documenti dell’inchiesta, sarebbe al sicuro in alcuni conti correnti a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. Difficili da stanare a causa delle rogatorie internazionali e spesso mascherati dietro un sistema di false fatturazioni e società, anche italiane, di importazione ed esportazione di prodotti. Un particolare, quest’ultimo, emerso nella parte dell’indagine riguardante la cellula criminale attiva a Milano. Tra i più attivi in questo campo ci sarebbe stato il commerciante eritreo Samuel Aklilu Habte. Volto noto alle forze dell’ordine per avere trasferito, tra il 2001 e il 2007, oltre tre milioni di euro a persone residenti in Eritrea ed Etiopia. Tutto attraverso il circuito di trasferimento di denaro fiduciario detto hawala.

Diversi testimoni hanno effettuato il riconoscimento fotografico del trafficante dai denti bianchi ma il suo nome è finito anche in un dialogo intercettato il 23 gennaio 2018. Giorno in cui due degli indagati attendevano l’arrivo di un migrante da poco sbarcato in Sicilia e il cui viaggio era stato pagato dal fratello già trasferitosi in Svezia. «Si chiama Abdeselam – affermava uno di loro – è lui che manda tutti». «Sì, sì è lui che manda – rispondeva l’altro – è il migliore».


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