Artemisia, le accuse all’assessore regionale Lagalla Da rettore avrebbe raccomandato una ricercatrice

Abuso d’ufficio per aver favorito l’assegnazione di una borsa di studio da seimila euro a una ricercatrice, modificando l’iniziale graduatoria che vedeva la candidata esclusa. È questa l’accusa che la Procura di Trapani contesta all’assessore regionale alla Formazione Roberto Lagalla, nell’ambito dell’inchiesta che ha portato a svelare una loggia massonica guidata dall’ex deputato trapanese Giovanni Lo Sciuto. Lagalla è estraneo al gruppo occulto, ma, quando era rettore dell’Università di Palermo, avrebbe ceduto alle richieste proprio di Lo Sciuto, favorendo la giovane figlia di Rosario Orlando. Quest’ultimo, arrestato oggi, avrebbe avuto un ruolo determinante nella rete costruita da Lo Sciuto: perché, prima da responsabile del Centro Medico Legale dell’Inps e poi da collaboratore esterno come medico rappresentante di categoria nelle commissioni che valutano le invalidità civili, avrebbe concesso pensioni di invalidità a chi veniva indicato dal politico trapanese finito in carcere. Persone che in alcuni casi non avevano requisiti, ma avevano il merito di essere elettori di Lo Sciuto. «Ha il potere di cambiare la vita a uno, a una famiglia», dice l’ex parlamentare regionale mentre è intercettato, parlando del medico dell’Inps. Una pedina da tenersi stretta, a costo di scomodare il rettore Lagalla. 

A fare da mediatori tra Lo Sciuto e il magnifico sarebbero stati due deputati: il palermitano Francesco Cascio (ai domiciliari nell’operazione di oggi) e l’agrigentino Vincenzo Fontana (non indagato), entrambi colleghi di Lo Sciuto nel Nuovo centro destra alfaniano. «Mi ha dato la carta di sua figlia – dice Lo Sciuto intercettato – ora vado da Lagalla, con la speranza che gliela sistemo… borsa di studio di sei mila euro, vediamo se ci riusciamo… me la gioco tutta… che devo fare… e noi abbiamo la strada aperta». La candidata era in possesso di una laurea magistrale in Conservazione e Restauro di Beni Culturali ed era interessata ad ottenere una borsa di studio per un progetto nell’ambito dell’area nell’area scientifico-disciplinare. È Cascio a fissare l’appuntamento con Lagalla per il 31 marzo del 2015. Dopo l’incontro, Lo Sciuto manda un messaggio a Orlando per rassicurarlo: «Ho parlato con quella persona, mi ha detto che farà il possibile per aiutarla».

Le speranze però rimangono inizialmente deluse: il 3 aprile, dopo la pubblicazione della graduatoria in cui la candidata favorita rimane esclusa, Lo Sciuto torna alla carica per far intervenire Lagalla. Stavolta sarebbe il deputato Fontana a mediare. «In poche parole – spiega Lo Sciuto al collega – quella ragazza è la prima degli esclusi, però siccome sono rimasti quattro posti vacanti e li devono riassegnare, mi segui? Siccome io ci tengo a questa cosa, ti puoi informare Enzo? Mi fai sta cortesia?». Il parlamentare agrigentino, dopo aver chiamato il rettore, riferisce di un sicuro intervento sulla graduatoria. Ma Lo Sciuto va oltre e incontra direttamente Lagalla il 9 aprile. Gli investigatori riescono a intercettare la conversazione immediatamente successiva, quando Lo Sciuto torna in macchina e spiega a un suo accompagnatore: «Sono restati quattro posti liberi e lui deve fare la ridistribuzione, capito? E la fa lui! Quello prende e gliela assegna a lei! Gli ho detto: “Lo posso comunicare?”. Dice: “Lo puoi comunicare!”. Il rettore è! Quello che comanda tutte cose!». Dalle verifiche poi effettuate dai carabinieri di Trapani è emerso che effettivamente la giovane Orlando ha ottenuto il posto da ricercatrice e la borsa di studio da seimila euro negli anni 2015 e 2016.

L’assessore Lagalla è intervenuto spiegando di «non essere coinvolto da reati associativi e da appartenenza alla massoneria». In merito all’accusa di abuso d’ufficio aggiunge: «La contestazione, risalente a fatti del 2015, riguarderebbe la mia precedente funzione di rettore dell’Università di Palermo. Al momento, non sono in possesso di sufficienti elementi conoscitivi e documentali, né di personale memoria, tali da consentirmi una qualsiasi ricostruzione della presunta violazione dei doveri d’ufficio. Restando, ovviamente, a completa disposizione della magistratura, mi sorregge la serena coscienza di avere sempre ispirato le mie azioni istituzionali a criteri di correttezza e rispetto della legge, nell’esclusivo interesse della cosa pubblica. Per tale ragione e nella certezza che la circostanza potrà essere ampiamente chiarita nel corso dell’attività istruttoria, mi dichiaro assolutamente sereno e fiducioso nella rapida soluzione della vicenda».

Salvo Catalano

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