Ars & soldi/ Lo strano ‘caso’ della sentenza del Cga sulle ricche indennità ‘militari’ degli alti dirigenti del ‘Palazzo’

IL TAR SICILIA AVEVA DETTO “NO” ALLA SPARTIZIONE DI QUESTI SOLDI A UN FOLTO GRUPPO DI ALTI BUROCRATI DELL’ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA. MA CON UNA STRANA E GENEROSA TRANSAZIONE SALA D’ERCOLE, NELLA PASSATA LEGISLATURA, AVEVA ALLARGATO I CORDONI DELLA BORSA. ORA, PERO’ E’ ARRIVATO IL COLPO DI SCENA… (In calce la sentenza del Cga)

Il pronunciamento del Consiglio di giustizia amministrativa (Cga) è del 27 novembre dello scorso anno. Noi ne siamo venuti a conoscenza solo adesso. E trattiamo l’argomento perché ce ne siamo occupati lo scorso anno. Il ‘succo’ della storia è il seguente: un folto gruppo di alti dirigenti dell’Ars ha intascato una ricca indennità legata al servizio militare svolto nel passato. E l’ha fatto attraverso un sotterfugio. Ma adesso una sentenza del Cga potrebbe rimettere in discussione tutto. O, quanto meno, potrebbe ‘azziccare’ a qualcuno un bel procedimento per danno erariale.

La storia, grosso modo, inizia nei primi anni del 2000. Quando questo folto gruppo di alti dirigenti dell’Ars, in applicazione di una legge (i particolari li trovate in calce a questo articolo, dove pubblichiamo la sentenza del Cga), chiede ai vertici del Parlamento siciliano il riconoscimento di questa indennità legata all’anno di servizio militare.

La richiesta – a nostro modesto avviso – è un po’ fuori luogo non “in diritto”, come dicono i giuristi, ma per un fatto morale, trattandosi di dirigenti pubblici che non guadagnano una miseria, visto che le loro retribuzioni sono agganciate a quelle dei dirigenti del Senato della Repubblica. Ma tant’è.

Il folto gruppo si rivolge a un avvocato di ‘grido’: Giovanni Pitruzzella. Ed è quest’ultimo che prepara un bel ricorso al Tar Sicilia (Tribunale amministrativo regionale). Ma il Tar gli dà torto.

Gli alti dirigenti dell’Ars non si arrendono e, sempre con l’avvocato Pitruzzella, presentano ricorso al Cga, in Sicilia organo di appello del Tar.

Succede, però, che l’udienza non viene fissata e il ricorso viene dichiarato perente. Questo avviene nel settembre del 2012.

Nel frattempo il folto gruppo di alti dirigenti dell’Ars ha risolto il problema con una transazione. In parole semplici, i vertici politici e amministrativi dell’Assemblea regionale siciliana hanno trovato il modo di risolvere la questione ‘bonariamente’ (si fa per dire).

L’Ars, per essere ancora più chiari, decide di riconoscere questa indennità da servizio militare – non sappiamo bene in che misura – a questo folto gruppo di alti dirigenti dell’Ars. Agneddu e sucu e finiu u ‘vattiu? (tradotto per milanesi e romani: “Tutto finito”? Non esattamente.

Che è successo? E’ successo che, come spesso succede, il diavolo fa le pentole, ma non sempre i coperchi. Il coperchio che non chiude ‘bene’ la pentola, in questo caso, è rappresentato da Giacomo Ruggeri, un dipendente dell’Ars, che si oppone al ricorso dichiarato perente nel settembre del 2012.

Ruggeri, difeso dall’avocato Salvino Pantuso – deputato dell’Ars per un breve periodo nella passata legislatura – sostiene di aver chiesto il giudizio del Cga nel 2011. Insomma, chiede ai giudici del Consiglio di giustizia amministrativa di pronunciarsi sulla vicenda.

I giudici del Cga lo accontentano. E ‘inchiummano’ il suo ricorso. In pratica, dicono quello che hanno già detto i giudici del Tar Sicilia: il ricorso va respinto, il folto gruppo di alti dirigenti dell’Ars non ha diritto all’indennità legata al servizio militare.

La sentenza del Cga pone un caso piuttosto strano, perché – come già ricordato – il folto gruppo di alti dirigenti dell’Ars ha già percepito l’indennità in forza di una transazione. Che succederà, adesso? Qualcuno è stato un po’ incauto a riconoscere l’indennità a tutti questi alti dirigenti del Parlamento siciliano? Interverrà la Corte dei Conti? E a carico di chi?

C’è anche un caso nel caso. Perché il primo ricorrente è Giovanni Tomasello, all’epoca dei fatti segretario generale dell’Ars. Che si deve essere trovato nella scomoda posizione di chi ricorre e riceve il ricorso di se stesso…

Insomma, una bella storia. Molto siciliana. Volendo anche italiana.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1267 del 2000, proposto da Tomasello Giovanni, Vinci Francesco, Avanzato Salvatore, Modica Paolo, Di Gregorio Salvatore, Mazzola Luigi, Buccheri Giuseppe, Bruccoleri Giuseppe, Scalia Franco, Mazzola Calogero, Amore Giuseppe, Canalella Giuseppe, Sangiorgio Giuseppe, Fioravani Marcello, Conti Salvatore, Scianna Mario, Lombardo Vito, La Placa Angelo, Sparti Pietro, Pimpiano Paolo, Augi Sergio, Zarzana Giuseppe, Lucchese Rosolino, Rifugiato Giuliano, Scavo Stefano, Esposito Giuseppe, Quartararo Angelo, rappresentati e difesi dall’avv. Giovanni Pitruzzella, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via Generale G, Arimondi 2Q;

Ruggeri Giacomo, rappresentato e difeso dall’avv. Salvino Pantuso, con domicilio eletto presso Salvino Pantuso in Palermo, via Ruggero Settimo,55;

contro

Assemblea Regionale Siciliana, rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata in Palermo, via De Gasperi 81;

per la riforma

della sentenza del TAR Sicilia – Palermo, Sezione I, n. 1554/1999, resa tra le parti, concernente il riconoscimento retroattivo del servizio militare prestato.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 novembre 2013 il Cons. Vincenzo Neri e uditi per le parti gli avvocati F. Peria Giaconia, su delega dell’avv. S. Pantuso, e l’avv. dello Stato Ciani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

I ricorrenti in epigrafe indicati, tutti rappresentati e difesi dall’avv. G. Pitruzzella, impugnavano la sentenza del TAR Palermo n. 1555/99 nella quale erano risultati soccombenti avverso l’Assemblea Regionale Siciliana di cui erano dipendenti.

Si costituiva in giudizio, con memoria depositata in data 4 febbraio 2003, l’Avvocatura dello Stato, in rappresentanza dell’Assemblea Regionale Siciliana.

Successivamente, non essendo stata fissata l’udienza di discussione e pendendo il giudizio da più di cinque anni, in forza dell’art. 1 dell’allegato 3 del D.lgs. n. 104/2010, questo Consiglio provvedeva, con decreto presidenziale del 10 settembre 2012, n. 765, a dichiarare perento il ricorso.

Avverso quest’ultimo atto proponeva opposizione solo uno dei ricorrenti, Giacomo Ruggeri, ora rappresentato e difeso dall’avv. S. Pantuso, sostenendo che esso opponente aveva già richiesto in data 2 settembre 2011 la fissazione di una nuova udienza, e comunque manifestava il proprio persistente interesse ad ottenere una pronuncia in merito.

Quindi all’udienza pubblica del 27 novembre 2013 la causa passava in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente occorre rilevare che l’opposizione al decreto di perenzione riguarda esclusivamente la posizione del Ruggeri, trattandosi dell’unico appellante che ha proposto il predetto atto di opposizione.

In via di fatto va ricordato che il giudizio portato all’attenzione di questo Consiglio è nato dall’impugnazione del provvedimento del Presidente dell’ARS, decreto del 9 gennaio 1997, n. 26, con il quale, modificandosi un precedente atto presidenziale del 1991, non si è riconosciuto ai dipendenti dell’Assemblea la possibilità di godere in maniera retroattiva del beneficio assegnato dall’art. 20 della legge n. 958/1986. Tale ultima norma, a sua volta, riconosce la validità del servizio militare obbligatorio a tutti gli effetti per l’inquadramento economico e per la determinazione dell’anzianità lavorativa ai fini del trattamento previdenziale del settore pubblico.

È noto che fin dalla sua emanazione la norma ha posto dei dubbi interpretativi; in particolare, era dubbio se essa si riferisse solo al periodo di leva svolto contemporaneamente o successivamente alla sua entrata in vigore, oppure anche a quello svolto integralmente in epoca antecedente.

Con l’articolo 7, comma 1, legge 30 dicembre 1991, n. 412, è stato chiarito, in via di interpretazione autentica, che il beneficio deve essere riconosciuto solo a coloro fra i pubblici dipendenti che hanno svolto il servizio di leva successivamente o contestualmente all’entrata in vigore della norma del 1986 («Il servizio militare valutabile ai sensi dell’art. 20, L. 24 dicembre 1986, n. 958 , è esclusivamente quello in corso alla data di entrata in vigore della predetta legge nonché quello prestato successivamente»).

Anche se non rileva nella presente fattispecie giova aggiungere infine che la disposizione oggi risulta abrogata dall’art. 2268, comma 1, n. 840, D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, con la decorrenza prevista dall’art. 2272, comma 1 del medesimo decreto legislativo.

Venendo al caso di specie, l’attuale appellante deduce l’erroneità della sentenza impugnata perché non avrebbe riconosciuto il valore normativo, anche per i dipendenti dell’Assemblea Regionale Siciliana, dei decreti del Presidente del Senato nn. 6933 e 6953 del 1991 e della delibera del Consiglio di presidenza del Senato del 23 gennaio 1996, in forza dei quali i benefici riconosciuti dall’art. 20 legge n. 958/1986 dovrebbero essere applicati retroattivamente. Per l’odierno appellante, atteso il tenore dell’art. 66 del Regolamento del personale dell’Assemblea Regionale Siciliana, si imporrebbe l’automatica estensione dei decreti predetti anche nella Regione con conseguente illegittimità del Decreto del Presidente ARS n. 26/1997, impugnato in primo grado, che ha negato tale estensione.

L’Assemblea regionale, con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, chiede il rigetto del gravame poiché i decreti nn. 6933 e 6953 del 1991 del Presidente del Senato dovrebbero ormai ritenersi decaduti per effetto dell’entrata in vigore della legge di interpretazione autentica n. 412/1991 e, quindi, non potrebbero comunque trovare applicazione a livello regionale.

Come emerge dalla memoria depositata in data 26 ottobre 2013 dall’Assemblea regionale siciliana, infine, «l’A.R.S., riesaminata funditus l’intera problematica, ha ritenuto, re melius perpensa, di procedere ex novo (in tal modo risolvendo alla radice ogni ipotetica disparità di trattamento giuridico ed economico venutasi a creare a seguito della successione delle norme statali rivolte ai pubblici dipendenti) al riconoscimento, con deliberazione n. 25 del 15.12.2010, del periodo di servizio militare di leva, ai fini economici connessi all’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio, esclusivamente in favore dei dipendenti in servizio che avessero svolto tale servizio militare prima dell’entrata in vigore della L. 958/86, ed ai quali continua ad essere applicata la normativa in materia di progressione nella carriera economica per i dipendenti assunti antecedentemente all’1.1.01» (si veda pagina 3 della memoria del 26 ottobre 2013).

Poiché per stessa ammissione dell’ARS di tale sopravvenienza non può beneficiare il Ruggeri (si veda pagina 3 della memoria del 26 ottobre 2013), il ricorso va esaminato nel merito, ritenute assorbite le eccezioni in rito proposto dall’ARS.

Per la decisione giova rilevare che, in base all’art. 66 del Regolamento interno del personale dell’ARS («E’ riservata al Consiglio di Presidenza la competenza sulla determinazione del trattamento giuridico ed economico del personale dell’Assemblea, che è equiparato a quello spettante ai dipendenti del Senato ai corrispondenti livelli di qualifica e anzianità»), ai dipendenti dell’Assemblea Regionale spetta lo stesso trattamento retributivo e previdenziale previsto per i dipendenti del Senato, conseguentemente anche per il personale dell’organo legislativo locale si sono posti problemi interpretativi analoghi a quelli riscontrati a livello nazionale. Tuttavia, preso atto della legge n. 412/ 1991, il Presidente dell’Assemblea, con decreto del 9 Gennaio 1997, n. 26, come dianzi evidenziato, ha revocato la propria precedente determina del 1991 e ha stabilito di applicare il beneficio solo in favore dei dipendenti che hanno ultimato il servizio militare dopo l’entrata in vigore della legge del 1986.

Il predetto art. 66 del Regolamento del personale dell’Assemblea Regionale, a parere del Collegio, deve essere interpretato, per un verso, nel senso di riservare al Consiglio di Presidenza la competenza sul trattamento giuridico ed economico del personale, e, per altro verso, nel senso per cui l’articolo in questione reca rinvio solo alle disposizione regolamentari e legislative, strettamente intese, disciplinanti il rapporto di impiego alle dipendenze del Senato.

Conseguentemente le decisioni assunte in via interpretativa nell’ambito dell’esercizio dei poteri di autodichia riconosciuti in capo al Senato non possono produrre automaticamente effetti nell’ambito regionale perché, in primo luogo, esse hanno natura normativa solo in senso lato e non in senso stretto, essendo unicamente deputate a regolare, con proprio atto di autonomia interna, il rapporto dei dipendenti del Senato.

In secondo luogo va rilevato che analogo e indipendente potere di autodichia in merito all’applicazione dei propri regolamenti è in vigore a favore dell’ARS, la quale quindi ha un potere autonomo nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme del regolamento del Senato, penetrate nell’ordinamento isolano a mezzo dell’art. 66 del Regolamento del personale dell’Assemblea. La funzione interpretativa di cui gode l’Assemblea Regionale non può essere compressa dalle decisioni assunte dal Senato perché corrispondente all’esercizio di poteri autonomi che trovano la propria base già nell’art. 116 Cost.

D’altronde non può farsi a meno di notare che l’autodichia di cui gode l’Assemblea Regionale è altresì strettamente correlata anche alla sua autonomia finanziaria e gestionale. Non può sfuggire, quindi, che l’uso della discrezionalità interpretativa di cui gode in materia di rapporti con i propri dipendenti è idonea ad incidere sui costi dell’organo. Per esempio, l’applicazione retroattiva del beneficio di legge, invocata dal ricorrente, è senza dubbio capace di ingenerare un aggravio di bilancio per la Regione e ciò rappresenta un’ulteriore, autonoma e sufficiente ragione per escludere che le determinazioni interpretative del Presidente del Senato possano produrre effetto diretto per l’ARS.

Non va trascurato, infine, che un’interpretazione retroattiva di una legge deroga apertamente al principio di cui all’art. 11 delle Preleggi.

Alla luce di queste considerazioni, si deve ritenere che la sentenza gravata sia immune da vizi logici e conseguentemente l’appello non possa essere accolto.

Sussistono nondimeno giuste ragioni per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,

definitivamente pronunciando nel merito sull’appello, con riferimento alla posizione di Ruggeri Giacomo, lo respinge.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 27 novembre 2013 con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Maria De Lipsis, Presidente

Antonino Anastasi, Consigliere

Vincenzo Neri, Consigliere, Estensore

Pietro Ciani, Consigliere

Alessandro Corbino, Consigliere

 

 

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/02/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

 

Redazione

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