Definirla la riscossa degli impresentabili è ancora prematuro. Certo è che le grane, legate alla presenza in maggioranza di deputati con problemi giudiziari, per Nello Musumeci non sono finite con il voto del 5 novembre. A rilanciare indirettamente il tema è stato, questa mattina, Cateno De Luca. L’esponente messinese, indagato per evasione fiscale, tramite Facebook ha informato i propri sostenitori della decisione di lasciare il gruppo Udc all’Ars per passare al Misto. Una scelta comunicata con una lettera allo stesso Musumeci e al presidente di sala d’Ercole Gianfranco Miccichè.
Sui motivi all’origine della decisione il deputato regionale in un primo momento non si era espresso: «Mani libere nel parlamento siciliano. Tra poco saprete il perché!», aveva scritto in un post. Qualche ora dopo è arrivata la spiegazione. E con essa anche l’attacco al presidente della Regione. A fornire il pretesto è stata l’elezione dei deputati questori. «Ho votato Bulla e non il collega Assenza (entrambi poi eletti insieme al pentastellato Siragusa, ndr) perché è diretta espressione di Nello Musumeci che è stato scortese un minuto dopo il mio arresto e non potrà dunque avere il mio voto in aula su questioni e su indicazioni politiche fino a quando non formulerà le sue scuse nei miei confronti e – ha sottolineato De Luca – nei confronti dei colleghi che hanno in corso dei procedimenti penali ma che sono incensurati e hanno contribuito in modo determinante a eleggerlo a presidente». Tali parole potrebbero adesso diventare un problema per la maggioranza di centrodestra, già risicata di suo all’indomani del verdetto delle urne.
Successivamente, il deputato – parlando con i giornalisti presenti all’Ars – ha un po’ smorzato i toni, concentrando la propria riflessione su questioni di metodo. «Il mio passaggio all’Ars dall’Udc al gruppo misto non è collegato assolutamente alla suddivisione di posizioni all’interno dell’aula, anche perché già avevo detto che non ero interessato ad avere ruoli – dichiara – . Questo anche perché il mio obiettivo è candidarmi e fare il sindaco di Messina. Il passaggio nasce da un problema di metodo: il nostro movimento Sicilia Vera ha contribuito in modo determinante al raggiungimento del risultato elettorale dell’Udc, ma all’interno del gruppo è mancata una preventiva chiarificazione su quelle che dovevano essere le posizioni interne e i criteri di scelta». L’ex sindaco di Santa Teresa di Riva ha poi aggiunto: «Visto che è mancato questo chiarimento ho fatto questa scelta alla luce del sole non condividendo la logica dei pupi e dei pupari. D’altronde, quando mi trovo di fronte a personaggi che si pensano d’essere pupari, io reagisco avvisandoli preventivamente che non è giusto trattare gli altri come pupi: tuttavia la perseveranza a fare u spertu porta alla rottura. Ora – prosegue De Luca – senza legami con i partiti sarà più semplice fare la campagna elettorale per sindaco di Messina privo da condizionamenti».
Nelle scorse settimane, De Luca era finito al centro dell’attenzione: prima la citata indagine sulla presunta evasione fiscale legata alla gestione dei Caf della Federazione nazionale piccoli imprenditori (Fenapi), poi l’assoluzione nel processo sul cosiddetto sacco di Fiumedinisi. Con De Luca che, a sentenza pronunciata, ha rilanciato le accuse nei confronti della magistratura, ritenuta responsabile di un complotto ideato per danneggiarlo ed escluderlo dalla corsa alla fascia di primo cittadino di Messina.
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