«I principi del Movimento 5 stelle sono passati in secondo piano cedendo il passo sotto i colpi di logiche in cui, per fortuna, non ci riconosciamo». Manca l’ufficialità, ma quello che era nell’aria da mesi sembra adesso essere concreto e pubblico. Un post condiviso dai deputati regionali Elena Pagana, Angela Foti, Valentina Palmieri e Matteo Mangiacavallo – accompagnato da una foto di gruppo insieme all’epurato Sergio Tancredi – cristalizza la rottura che ha raggiunto il proprio acme prima con la vicenda dell’espulsione di Tancredi, accusato di avere interrotto la restituzione delle indennità da oltre un anno, e poi con le polemiche legate al voto sulla finanziaria e all’emendamento che ha destinato oltre sette milioni alla discarica pubblica di Bellolampo.
«Inutile nascondersi dietro un dito, sono giorni difficili quelli che sta attraversando il gruppo parlamentare del Movimento 5 stelle in Sicilia – scrivono – Giorni difficili che hanno portato i nodi al pettine di un gruppo che non è più tale. Quando vengono meno i principi del dialogo, della solidarietà tra colleghi e del rispetto, valori che ci hanno guidato nel corso di otto lunghi anni, viene meno non solo lo spirito di un gruppo, ma anche il desiderio di farne parte, la voglia e i progetti per i quali si sta insieme». A parlare sono gli esponenti pentastellati accusati da tempo di collaborare eccessivamente con la maggioranza. «Non ci riferiamo semplicemente a una palese diversità di intenti tra quelli del no e quelli delle idee buone che non sono né di destra né di sinistra», sottolineano.
Al centro dell’intervento c’è quanto capitato a Tancredi, un’espulsione che per molti ha preso la vicenda rendicontazione soltanto come un pretesto per una resa dei conti le cui radici vanno trovate in frizioni interne al gruppo. Dai retroscena dietro l’elezione a vicepresidente dell’Ars di Angela Foti al posto di Francesco Cappello a logiche che tirano in ballo il vincolo del secondo mandato, la regola interna ai cinquestelle che non concede la possibilità di ricandidarsi dopo la seconda legislatura. «Il trattamento riservato al collega, prima ancora che all’amico, ci spinge a ulteriori riflessioni di cui vogliamo rendervi partecipi – va avanti Pagana -. Abbiamo preso i nostri principi e li abbiamo distorti, stravolti e interpretati a piacimento. Quel “nessuno deve rimanere indietro”, portato avanti come vessillo dall’intero gruppo, che doveva significare tendere la mano a chi era in difficoltà, anche tra noi, è svanito nel nulla quando Sergio è stato fatto accompagnare alla porta».
Il riferimento va alla motivazione con cui Tancredi ha spiegato il motivo delle mancate restituzioni: una condanna per diffamazione subita in una causa intentata dall’ex deputato (ed ex cinquestelle) Antonio Venturino. «Abbiamo preso un compagno di squadra e lo abbiamo pugnalato colpendolo proprio nel suo punto debole. Sapendo delle sue difficoltà gli è stato ripetuto come un mantra – con un cinismo che non dovrebbe appartenere a un Movimento che si reputa comunità – “o restituisci o ti buttiamo fuori”; solo i più ingenui non hanno capito che era un modo per non confrontarsi e avviare il dibattito su quella linea politica che il gruppo regionale (prima forza politica della regione nel 2017) non è stato in grado di affrontare».
L’affondo poi è rivolto anche a Giorgio Pasqua, l’attuale capogruppo del M5s all’Ars. «Abbiamo saputo dell’espulsione di Sergio solo dopo la richiesta, presa in autonomia dal capogruppo, di sostituire con effetto immediato Sergio dalla commissione, a sua insaputa. Le motivazioni le abbiamo scoperte solo dall’ennesima intervista – attaccano i deputati – Non è mai stata presa in considerazione la nostra proposta di sostenere formalmente e sostanzialmente il collega Tancredi, sia davanti ai probiviri, chiedendo del tempo per mettersi in regola e garantendo economicamente per lui, sia, come avvenuto in passato con altre vicende giudiziarie, contribuendo alle sue spese legali».
Infine, quella che sembra una pietra tombale sui primi otto anni di esperienza politica del M5s all’Ars. «A nessuno dovrebbe essere chiesto di derogare alla propria credibilità, conquistata con sacrificio sul campo della politica e della vita in nome di un posto al sole e della inclusione in un sogno divenuto contenitore vilipeso da goffi tentativi di imitazione dei partiti che prima ci proponevamo di smantellare. Nessuno di noi – concludono – può accettare una cosa del genere».
Ma cosa succederà adesso? Nonostante manchi l’ufficialità, i rumors parlano dell’intenzione concreta di ratificare la scissione con la costituzione di un nuovo gruppo forse non solo parlamentare. C’è chi sostiene che sia stato allertato anche un notaio e chi, invece, crede ancora in una pace possibile. Di presupposti, in tal senso, non sembrano però esserne rimasti molti.
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