Un commesso giudiziario in servizio alla procura di Palermo, accusato di essere una talpa al servizio della criminalità, è stato arrestato dalla polizia per favoreggiamento continuato e aggravato in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare. Si tratta di Felice Leto, addetto al trasporto dei fascicoli dalle segreterie dei magistrati agli altri uffici del tribunale che, secondo l’accusa, avrebbe illegittimamente consultato i procedimenti, fotografato e diffuso atti coperti dal segreto, portato all’esterno fascicoli, informato i diretti interessati su indagini in corso su intercettazioni avviate arrecando un grave danno a diverse inchieste.
La notizia dell’esecuzione dell’ordinanza è stata diffusa, con una nota, dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia. Dalle indagini, delegate dalla Direzione distrettuale antimafia alla Squadra mobile della questura e alla sezione di polizia giudiziaria, il commesso giudiziario, proveniente dal bacino degli precari regionali, «appare essere divenuto il punto di riferimento per i diversi soggetti del circuito criminale palermitano che intendono verificare l’esistenza e lo stato di indagini a loro carico. L’operazione odierna, comprensiva di diverse perquisizioni domiciliari resasi urgente e necessaria per la tutela di numerose e importanti investigazioni – conclude la nota – fa parte di una più ampia attività, da sempre prioritaria per la procura, volta a salvaguardare la riservatezza delle delicatissime indagini trattate e, quindi, alla individuazione di talpe che, ciclicamente, cercano di interferite nella corretta amministrazione della giustizia».
Sotto osservazione due casi. Il primo è stato scoperto nel corso di un’inchiesta su due rapinatori. Durante una conversazione intercettata uno dei due fa un riferimento a Leto, senza farne il nome, che insospettisce gli investigatori. Nel cellulare del commesso viene a quel punto piazzato un trojan che ne registra telefonate e dialoghi e scattano i pedinamenti. Si accerta così che Leto, che aveva la disponibilità delle carte dell’indagine sulla rapina, scattava col cellulare le foto di immagini presenti nel fascicolo – una di un’auto e di un uomo tatuato – e le trasmetteva agli autori del colpo. Un aiuto decisivo ai malviventi che dal contatto col commesso smettevano di parlare al telefono e dismettevano le sim dei cellulari. Il secondo episodio di favoreggiamento riguarda un indagato per corruzione e falso. Leto durante un incontro con l’uomo vicino al tribunale lo avrebbe avvertito di stare attento nelle sue conversazioni al cellulare.
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