Archivio di Stato, viaggio nella Catania del passato La ricostruzione del 1700 e quelle vedute della città

Due mostre inedite per vivere una Catania antica in modo nuovo, ripercorrendo alcuni momenti salienti della ricostruzione dopo le due catastrofi naturali che distrussero la città nel 17esimo secolo: la colata lavica del 1669 e il terremoto del 1693. Catania com’era, dalle antichità alle difese della città e I monasteri di clausura e gli edifici conventuali di Catania tra Settecento e Ottocento, sono le due esposizioni presentate nei locali dell’archivio di Stato etneo, in via Vittorio Emanuele II, che insieme al Fondo ambiente italiano sta dando vita alle Giornate Fai di primavera.

Documenti e immagini permettono ai visitatori di comprendere le trasformazioni della città che impegnarono alcuni degli architetti più quotati del Settecento. Le mostre, che restano visitabili fino al 31 maggio, sono divise in tre sezioni. La prima, curata dai professori Enrico Iachello e Paolo Militello dell’università di Catania, è dedicata alle numerose antichità che vengono rilevate nelle vedute di Catania realizzate tra Cinquecento e Seicento. «Catania ha numerosi monumenti dell’antichità greco-romana – spiega Paolo Militello, docente di Storia moderna – e questa idea dell’antico, che abbiamo riproposto attraverso le vedute della città che sono state esposte, rientra appieno nell’identità della città». Nei documenti è possibile individuare, tra gli altri, l’Anfiteatro, il Colosseo, il Foro o gli Acquedotti, simili a quelli romani, che testimoniano che Catania è, dopo Roma, la città che conserva il maggior numero di monumenti romani. 

«Una veduta del Cinquecento – aggiunge Militello – è un ritratto della città dove ognuno mette gli elementi che reputa più significativi della propria identità urbana. Nel caso di Catania viene fuori che oltre alla presenza dell’Etna, che è l’elemento basilare, e Sant’Agata, che è la protettrice, l’altro elemento di spicco è quello dell’antico, che viene riscoperto attraverso una serie di studi, fatti soprattutto nel Cinquecento da Fazello, Maurolico e Lorenzo Bolano, e che confluiscono in questi ritratti di città. L’elenco dei monumenti – conclude il docente – comprende sia quelli attualmente visibili, come l’Anfiteatro o l’Odeon, sia monumenti di cui si è persa traccia. In queste vedute, che abbiamo voluto presentare come delle testimonianze viste con gli occhi dell’osservatore del tempo, è presente, per esempio, un arco trionfale di cui oggi non abbiamo più contezza». 

La seconda sezione, curata dall’ingegnere Salvatore Maria Calogero, è dedicata alle rappresentazioni cartografiche del castello Ursino e della cinta muraria che dal 1541 al 1553 fu rinforzata, su iniziativa di Carlo V, con i bastioni e la cortina nel lato sud della città. Nel secolo successivo fu poi oggetto di ulteriori ristrutturazioni. «I bastioni, dopo il terremoto del 1693, hanno perso la loro funzione di difesa della città – spiega Calogero – e sono stati riutilizzati. La cinta muraria fronte mare, per esempio, è stata riadoperata dal vescovo per realizzare l’episcopio e dal principe Biscari per realizzare il suo palazzo personale. Queste mostre – aggiunge l’ingegnere – servono anche per far conoscere questi monumenti ai catanesi e per poterli visitare. Su via Garibaldi, di fronte al Fortino vecchio c’è il bastione di San Giovanni, magari meno famoso degli altri ma di cui conserviamo ancora oggi dei resti»

La terza sezione, curata dalla direttrice dell’archivio di Stato Anna Maria Iozzia, è dedicata alla documentazione relativa sia alle antichità che alle difese della città. Un ruolo notevole nella riscoperta delle antichità catanesi è stato svolto da Ignazio Paternò Castello, quinto principe di Biscari, che nel 1748 ottenne dal tribunale del Real patrimonio il permesso – riconfermato, tra l’altro, vent’anni dopo – di scavare per arricchire il suo museo, che è uno dei più importanti d’Europa. Grazie alla sua attività sono state riportate alla luce numerosi monumenti, complessi termali ed edifici sepolcrali, tra i quali l’ipogeo che si trova sotto l’ex convento di Santa Caterina da Siena al Rosario, oggi sede dell’archivio di Stato di Catania. 

Tra i monumenti non più fruibili, perché annientati dall’uomo, la mostra segnala, infine, un caso definito di mala antichità. La distruzione nel 1832, ancora avvolta nel mistero, di un ambiente sotterraneo posto nel cortile del reclusorio del Santo Bambino, con affreschi raffiguranti le Tre grazie nude. La minuziosa descrizione conservata nell’archivio e i disegni presenti nei Monumenti inediti, pubblicati dall’Istituto di corrispondenza archeologica, hanno permesso la realizzazione di una ricostruzione virtuale a colori.

Salvo Caniglia

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