Da Mineo a Spaccaforno. Luigi Capuana tra attività amministrativa, ricerche archivistiche e attività letteraria. È il titolo della mostra, allestita nei locali dell’archivio di Stato di Catania, in Via Vittorio Emanuele, che fino al 30 giugno permetterà ai visitatori di conoscere uno degli aspetti meno noti della vita di Luigi Capuana: la sua attività di sindaco di Mineo dal 1872 al 1875. Una carica che lo scrittore siciliano ricoprì in maniera energica e scrupolosa, e che gli valse l’ironico appellativo di Depretis di Mineo, da parte di Giovanni Verga. «Capuana aveva la necessità di risanare le finanze di un Comune che non aveva i soldi per comprare carta, penna e calamaio – spiega Anna Maria Iozzia, direttrice dell’archivio di Stato di Catania -. La sua attività amministrativa si basò, principalmente, sul recupero dei crediti e sul pagamento dei debiti. Da queste esigenze scaturisce la decisione di vendere l’ex feudo della Marza, un terreno che il comune di Mineo possedeva nel territorio di Spaccaforno, l’attuale Ispica». Un luogo di cui Capuana si innamora immediatamente e che sarà centrale sia per il suo impegno politico che per la sua produzione letteraria.
«Capuana, che era anche un archivista – aggiunge Iozzia – redige un resoconto minuzioso su tutta la zona, anche attraverso vecchi atti notarili. Tutti i documenti citati nella sua relazione sono oggi esposti all’interno della mostra. Accanto a queste carte inedite, custodite nel nostro archivio – prosegue la direttrice – abbiamo esposto anche la documentazione relativa alla sua attività di scrittore. Dal contenzioso che Capuana ebbe con il capocomico Grasso, che aveva rappresentato Malìa senza il suo consenso, alle recensioni tratte dall’archivio di Domenico Danzuso, grande critico teatrale delle opere di Capuana, fino alla nuova edizione del romanzo Profumo, interamente ambientato a Spaccaforno, che abbiamo presentato nel corso della cerimonia inaugurale della mostra».
Tornato recentemente nelle librerie, grazie alla ristampa curata dalla Kromato edizioni, l’opera dello scrittore siciliano viene contestualizzata analizzando i luoghi in cui si snoda la vicenda. «Il romanzo si svolge in primavera e i paesaggi descritti da Capuana sono straordinari non solo dal punto di vista geografico, ma anche per il modo in cui sono stati integrati dal romanziere nella vicenda amorosa», spiega Rosalba Galvagno, docente di teoria della letteratura dell’Università di Catania. Ad animarne le pagine è la storia del difficile matrimonio tra Patrizio ed Eugenia, un’unione resa insostenibile dall’ingombrante presenza della madre del protagonista, che vede nella nuora una rivale che la priva dell’amore del figlio. Eugenia, tormentata dalla gelosia della suocera e dall’incapacità di suo marito di prendere posizione, diventa vittima di una crisi isterica che le fa emettere un intenso odore di zagara.
«Il profumo che emana la protagonista Eugenia – prosegue Galvagno – viene considerato non come un pregio ma come sintomo di una malattia. Quando la protagonista guarisce, questo profumo di zagara abbandona il corpo e si trasferisce in una natura straordinaria. Una scelta assolutamente originale – conclude la docente – perché l’idea del profumo affonda probabilmente le radici nel mito e ancor più alle fiabe, che sono dei miti spuri, quindi in un’origine popolare e orale di questa storia».
Un romanzo sui generis rispetto al panorama culturale dell’Ottocento, di cui Capuana è considerato uno dei rappresentanti più significativi, anche per il modo con cui descrive l’instabile equilibrio della coppia. «Oltre a riprodurre in maniera molto credibile, quasi lirica, gli scorci paesaggistici di Spaccaforno, Profumo è un romanzo molto moderno perché mostra un’attenzione e una sensibilità verso le problematiche di tipo psicologico e dell’indagine intimistica – spiega Gabrielle Alfieri, ordinaria di Storia della lingua italiana dell’Università di Catania -. È un’opera che precorre tematiche che saranno trattate successivamente da Freud, come la nevrosi, che a quei tempi veniva definita isteria, mancanza affettiva o eccessiva possessività. Sintomi che si riproducono, nonostante i tempi e le dinamiche familiari siano cambiate, anche nella nostra società definita dai sociologi di eremiti di massa. Secondo questa tesi – conclude Alfieri – noi saremmo soli in mezzo alla massa, chiusi in una comunicazione autoreferenziale. È un altro tipo di nevrosi, ma molto attuale da questo punto di vista».
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