Sabato è stato il giorno di Mario Draghi. Il neo presidente del Consiglio ha preso il posto dell’uscente Giuseppe Conte, segnando un data storica per l’Italia. E, mentre il premier e i 23 ministri venivano nominati dal presidente della repubblica Sergio Mattarella, a fare da sfondo alla cerimonia è stato l’arazzo di Don Chisciotte che consulta la testa incantata. L’opera, che campeggia sulla parete della sala dei Corazzieri del Quirinale non è sfuggita ad appassionati e curiosi. Soprattutto ad alcuni acesi e abitanti di Aci Catena.
L’opera tessuta dai laboratori francesi di Gobelins nel Settecento, infatti, è stata donata dal re francese Luigi XV a Luigi Riggio (o Reggio) Branciforte, aristocratico, investito dalla carica di principe, che aveva la sua residenza ad Aci Catena, nell’omonimo palazzo Riggio che ha ereditato e fatto abbellire. Don Chisciotte che consulta la testa incantata fa parte di un ciclo di dodici arazzi che ha come tema gli episodi del famoso racconto scritto da Miguel de Cervates, con le avventure di Don Chisciotte e del suo amico Sancho Panza. L’episodio in questione racconta dello scherzo a cui abboccarono i due protagonisti del romanzo, a cui fu fatto credere che la testa parlasse grazie a dei poteri magici, ma era tutto frutto di uno scherzo: a dare voce alla testa era un uomo nascosto.
Sulla famiglia Riggio e il suo patrimonio si è concentrato per molto tempo lo storico acese Saro Bella, che sull’argomento ha pubblicato numerosi approfondimenti servendosi anche d’inventari storici e documenti d’archivio. «Gli arazzi uscirono dalle officine francesi di Gobelins nel 1745 ed erano di seta e lana – spiega a MeridioNews – Questi non sono gli unici che erano presenti nel palazzo: ad Aci Catena c’erano altre serie di arazzi in lana, che Luigi ha acquistato nelle Fiandre (Olanda e Belgio, ndr). In quel periodo, la storia del Don Chiosciotte era di moda». Qualche anno più tardi Carlo di Borbone, venuto a conoscenza delle opere, ha voluto ricalcarne lo stile e le tematiche. «Prima il re le volle esporre nel suo palazzo reale a Napoli, poi li richiese per riprodurne una gamma simile, ma quest’ultima non era paragonabili alle originali – continua – La serie è stata valutata circa otto milioni, uno solo si aggira sui 600mila euro circa». Lo storico negli anni è riuscito a stilare l’intera lista dei dodici arazzi che hanno decorato, insieme ad altre ricchezze, lo storico palazzo catenoto. «Con la scomparsa del Regno delle due Sicilie, dal 1860 sette arazzi si trovano al Quirinale, compreso quello che abbiamo visto chiaramente in questi giorni – osserva – Rivederli è stata una buona notizia, perché sapevo che erano stati oggetto di restauro». Oltre al Quirinale, uno si trova al museo di Capodimonte, a Napoli. Quattro sarebbero andati dispersi.
Luigi Riggio Branciforte – noto anche con il titolo di principe di Campofiorito – ha fatto parte della nobile famiglia siciliana che ha abitato nell’antico territorio di Aci Catena dal 1670 circa. Nel Settecento ha preso le redini della famiglia, dando slancio e ricchezza al territorio. Uomo fidato di Filippo V e Luigi XV, svolse mansioni diplomatiche per la Francia e la corona spagnola, facendo spola tra la Sicilia, Valencia e persino a Ceuta, in Nord Africa. Con i buoni rapporti con Luigi XV soggiornò a Parigi. In Italia fu spesso a Venezia, per poi tornare, dal 1748 nel territorio delle Aci, dove oltre al territorio catenoto ha contato residenze ad Aci Sant’Antonio, Aci Trezza e Valverde, dov’è seppellito. Ultimamente lo storico palazzo Riggio è stato preda di atti vandalici. Inoltre, risale a poche settimane fa il rogo di un’auto appartenente alla vicina caserma dei vigili urbani.
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