Arance in Cina, aziende incerte su export per via aerea «Costi alti e quantità ridotte. Ok per inviare campioni»

Se non fosse che quella mediterranea, che per nome scientifico ha
Ceratitis capitata – è uno dei parassiti che la Cina vuole evitare, per parlare del protocollo sull’export degli agrumi. Il proverbio dialettale descrive bene l’accoglienza che le aziende del settore hanno riservato al nuovo accordo. Al momento, infatti, i viaggi in aereo – annunciati dal vicepremier Lugi Di Maio come la svolta per l’espansione dei rapporti commerciali in Oriente – restano un’ipotesi, la cui concretizzazione è rallentata da un insieme di fattori

In primo luogo c’è il costo del trasporto, che
si aggira intorno a 1,50 euro al chilo. Spese che inevitabilmente farebbero lievitare il prezzo finale, al punto che qualcuno lo ritiene poco competitivo anche per un mercato di nicchia. E per quanto in Cina – Paese che ha oltre un milione di ettari coltivati ad arance bionde – l’interesse sia rivolto verso un prodotto di qualità, com’è il caso delle arance rosse siciliane, il rischio potrebbe essere quello di non riuscire ad allacciare rapporti commerciali di medio-lunga durata. A questo, però, si aggiungerebbe un’altra questione legata alle quantità che sarebbe possibile trasportare a bordo degli aerei: all’aeroporto di Catania, nelle scorse settimane, si sono tenute due riunioni in cui è stata messa sul tavolo la possibilità di caricare le arance in voli di linea con scalo a Dubai. Quattro tonnellate il carico massimo. La quantità, tuttavia, sarebbe stata giudicata troppo ridotta.

C’è comunque chi non esclude di potere percorrere alla via aerea, ma partendo da altri scali. «
Abbiamo sondato le possibilità di Fiumicino e Malpensa – spiegano da Rosaria, impresa di Belpasso della famiglia Pannitteri -. I costi sono alti e bisogna riuscire a creare rapporti con acquirenti che diano garanzie sul lungo periodo, ma avere la possibilità di esportarli tramite gli aerei è positivo senz’altro. Poi è chiaro che bisogna capire se si riesce a concretizzare. Per noi comunque – conclude Pannitteri – è l’unica soluzione per portare i prodotti in luoghi così lontani». Ad avere fatto una valutazione diversa, facendo partire via nave un carico di poco meno di 40 tonnellate, è stata Oranfrizer. «Le arance sono ancora in viaggio, arriveranno dopo la metà di marzo – dichiara a MeridioNews l’export manager Sara Grasso -. Si tratta di un percorso molto lungo che chiaramente incide sulla qualità del frutto al proprio arrivo ma, per questa prima spedizione, siamo riusciti a ottenere buone condizioni commerciali. Per il futuro – aggiunge – cercheremo di trovare le soluzioni migliori». 

Nel passato dell’azienda di Scordia c’è un’esperienza di esportazioni in
Giappone, durata qualche anno e poi interrotta per peculiarità legate alla resa visiva, ancor più che organolettica, del frutto dopo viaggi che superano abbondantemente i 40 giorni. «In Giappone la frutta ha un valore simbolico molto forte, si usa anche come regalo e in quel caso, quindi, l’estetica incideva molto», commenta il marketing manager Salvo Laudani. Ciò non toglie che la volontà di riuscire a ritagliarsi un posto nel mercato cinese c’è. «Per riuscire a inviare quantitativi adeguati a sostenere rapporti commerciali intercontinentali – continua Gasso – la via navale resta la corsia preferenziale, anche per quanto riguarda i costi che si aggirano intorno ai 30 centesimi al chilo. Però è chiaro che non mancano gli aspetti negativi. L’aereo? Dati i costi e le quantità limitate che è possibile imbarcare – continua – potrebbe essere una possibilità nella prima fase della stagione, per riuscire a fare arrivare in Cina in tempi celeri un primo campione del frutto».

Da una decina di giorni, intanto, il servizio fito-sanitario della Regione ha pubblicato i documenti con cui le aziende possono chiedere di essere accreditate per l’export in Cina per la prossima campagna commerciale. Per quella in corso,
sono state cinque le imprese che hanno riconosciuto i requisiti necessari. Oltre a Rosaria e Oranfrizer, hanno avuto l’ok anche Barbera International di Biancavilla, G. Grasso Srl di Fiumefreddo e Paimfrut di Belpasso. Un’interesse che però, come detto, è rimasto sulla carta; lontano, almeno per il momento, da moli e piste.

Simone Olivelli

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