«Ma voi la comprereste una casa da un soggetto così?» La domanda arriva a metà dell’arringa e diventa il perno attorno a cui ruota la tesi dei difensori di Sebastiano Strano, ex consigliere comunale di Aci Catena e già presidente della locale squadra di calcio, imputato nel processo Aquilia. Il procedimento, arrivato al secondo grado, è quello che vede come principale imputato l’ex deputato regionale Pippo Nicotra. Insieme a quest’ultimo e a due uomini ritenuti organici al gruppo dei Santapaola, Strano è accusato di una tentata estorsione per un importo di 16mila euro ai danni di un socio della Erika, ditta edile di proprietà anche dello stesso Strano e della moglie di Nicotra. Un’imputazione che in primo grado è valsa in abbreviato una condanna a quasi quattro anni e mezzo ma che per i suoi legali – gli avvocati Maria Caltabiano e Giorgio Antoci – avrebbe basi fragilissime.
Per i due difensori, a non rendere credibile la ricostruzione della vicenda sarebbe la parte offesa. L’imprenditore e socio della Erika, che ad Aci Catena ha anche lui un passato da consigliere comunale, è ritenuto inattendibile. «Bisogna valutarne la personalità», ha detto l’avvocata Caltabiano in apertura del proprio intervento. Per poi fare riferimento a una serie di controversie che avrebbero contraddistinto negli anni l’operato della vittima del tentativo di estorsione. Tra querelle legate all’assunzione fittizia di parenti, accuse di furti di fornitura idrica e altri presunti raggiri. Sulla base di queste premesse, Antoci ha chiesto ai giudici se si fiderebbero ad acquistare un immobile da una persona così. La stessa che per la procura sarebbe stata avvicinata con atteggiamenti mafiosi per costringerla a restituire di tasca propria la somma pagata per una compravendita non andata in porto.
La vicenda al centro del processo si svolge tra il 2014 e il 2017. Una donna sborsa 16mila euro in contanti per il preliminare di compravendita di un immobile, costruito dalla società edile ad Aci Catena. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, quei soldi sarebbero stati presi dalla parte offesa che, con il benestare di Strano e Nicotra, li avrebbe spesi per aspetti legati alla gestione della Erika. Quando a chiederglieli indietro sono Giuseppe Rogazione e Mario Nicolosi – entrambi condannati in primo grado per associazione mafiosa – la vittima resiste, ritenendo non si tratti di una pretesa da gestire in prima persona ma semmai a livello societario. Stando all’accusa, Nicotra e Strano l’avrebbero pensata diversamente e – con l’aiuto dei due esponenti del clan – avrebbero cercato di fare in modo che quei 16mila euro venissero sborsati soltanto dal loro socio. Da quel momento, la parte offesa sarebbe stata destinataria di avvicinamenti sconfinati in uno schiaffo in pubblico e poi, tre anni dopo, quando la pretesa sarebbe stata ancora viva, di un pestaggio che causò una prognosi di un mese.
Tuttavia, per i difensori di Strano – quelli di Nicotra parleranno nella prossima udienza, quando l’arringa verterà anche sull’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa – la storia si sarebbe svolta diversamente. I soldi sarebbero stati presi in contanti dalla vittima e poi sarebbero di fatto spariti. «Li avrebbe utilizzati per pagamenti in contanti per spese inferiori ai mille euro e si è riservato di depositare agli atti le fatture, ma agli atti questi documenti non ci sono», ha affermato l’avvocato Antoci. Lo stesso legale ha definito poi «un miracolo» il fatto che nel corso di un incontro, avvenuto nelle vicinanze di un hotel sulla collina di Vampolieri, fosse saltato fuori il preliminare di vendita con le firme anche di Nicotra e Strano. Un fatto che, secondo i legali dell’imputato, potrebbe celare l’ennesimo tentativo di raggiro. A ciò si aggiungerebbe il fatto che Rogazione, e con lui Nicolosi, avrebbero agito soltanto nell’interesse della donna interessata alla casa e non per conto di Strano e Nicotra.
Sulla base di questi elementi, gli avvocati hanno chiesto l’assoluzione per l’ex consigliere comunale e presidente dell’Acicatena Calcio. In alternativa hanno chiesto di derubricare tutto in un caso di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone, reato che prevede pene decisamente più basse rispetto alla tentata estorsione. Di questa storia, come detto, se ne riparlerà tra una settimana nel corso dell’udienza che vedrà protagonisti i legali di Pippo Nicotra. Per quell’occasione, potrebbero essere mostrati altri documenti che proverebbero come il contenzioso in atto tra la parte offesa e i soci di Erika ammonta a diverse centinaia migliaia di euro. Ben oltre i 16mila all’origine della lite finita nel processo.
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