Nonostante i tre quarti d’ora di ritardo sull’inizio della rappresentazione e la sala non gremita, gli applausi sono stati ripetuti e calorosi per gli attori della compagnia dello Stabile di Catania, disinvolti nelle vesti familiari e care al pubblico isolano dei catanesi d’altri tempi: civitoti e paesani di Agira hanno mescolano sul palco per 2 ore e 40 minuti le loro storie, i loro pianti e le risate, tante e spesso velate di amarezza, la loro saggezza popolare ed un dialetto antico, che ha fatto sorridere gli spettatori, non sempre certi di aver afferrato il senso originario di alcune parole. «Ho scritto dichiara Romano Bernardi una commedia in dialetto siciliano, io che sono milanese, per ammirazione verso un popolo che è sopravvissuto indenne alle dominazioni dei barbari e di quelli che barbari non si dicevano. Ho cercato prosegue con molta umiltà, di mantenere l’occhio disincantato e affettuoso con il quale Martoglio guardava il suo popolo».
La commedia, già rappresentata con successo 11 anni fa, rende protagonisti non solo gli attori – tra cui Tuccio Musumeci nel ruolo tragi-comico di Don Procopio, Berta Ceglie nel ruolo della Pupara e Pippo Caruso, che interpreta il ruolo dei Nino Martoglio ed ha musicato la rappresentazione ma anche le radici della sicilianità più vera e forse ormai persa, quel modo di vivere la vita con semplicità, accompagnati dal sole e dai suoi raggi vitali (perché «senza suli comu s’ascuiugunu i robbi? comu si quariunu l’ossa i vicchiareddi?», cantano in coro le civitote); una vita fatta di gesti, scaramanzie, cuttigghi e malignità, ma anche di generosità ed affetti sinceri, serenate e tradimenti; una vita raccontata in musica e parole, rallegrata da vivaci balletti scenici e dall’intensità delle interpretazioni. Unico neo, alcune canzoni cantate in playback.
Grande commozione ed entusiasmo ha suscitato nel pubblico l’impeccabile interpretazione del piccolo Davide Musumeci, dotatissimo attore in erba, che interpreta l’importante ruolo di Micio, affiancando maestralmente il grande Tuccio Musumeci quasi in ogni scena.
Uno spettacolo ben strutturato, mai noioso nonostante la durata, ricco di nostalgici riferimenti ad una Sicilia che non è più, ad un mondo intenso e colorato, che nella frenesia della vita moderna è bello poter ancora ricordare e riconoscere come parte di una eredità culturale, che appartiene a tutti i siciliani, ai catanesi in particolare.
Lo spettacolo sarà rappresentato al teatro Ambasciatori fino al 2 luglio. Da non perdere.
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