Un impegno formale da sottoscrivere e portare a termine se eletti a Palazzo degli elefanti. Nell’elenco ci sno l’idea di predisporre un regolamento per il gioco d’azzardo ma anche quello per le celebrazioni della festa di Sant’Agata. A redigerlo è stato il coordinamento catanese di Libera, l’associazione antimafia fondata a livello nazionale nel 1995 da don Luigi Ciotti. Destinatari i candidati a sindaco di Catania Salvo Pogliese, Enzo Bianco, Emiliano Abramo, Giovanni Grasso e Riccardo Pellegrino. Una folla di cinque pretendenti, ma soltanto in due hanno scelto di apporre la loro firma alla missiva. Si tratta di Abramo, vertice della comunità di Sant’Egidio, e del sindaco uscente. Entrambi hanno allegato, come richiesto, casellario giudiziario e dichiarazione dei redditi. Nessuna risposta dal fronte del centrodestra e dall’ex forzista Pellegrino (Che Libera non é riuscita a contattare). Stesso spartito per il candidato del Movimento 5 stelle Grasso. Incontrato da Libera durante un dibattito organizzato dall’associazione locale Città insieme.
«L’idea di questa iniziativa era già partita cinque anni fa, in concomitanza alla campagna nazionale di Libera che si chiamava Riparte il Futuro che chiedeva ai parlamentari l’assunzione di responsabilità per alcuni leggi – spiega a MeridioNews Renato Camarda, membro del direttivo del coordinamento di Libera -. A Catania abbiamo deciso di farlo nel 2013 chiedendo di sottoscrivere alcuni impegni». Alcuni dei quali portati a compimento dall’amministrazione Bianco altri, invece, rimasti lettera morta. Come il regolamento per il gioco d’azzardo. «Chiediamo il rispetto minimo delle distanze da ospedali e scuole dei luoghi in cui è possibile scommettere ma anche i nodi riguardanti gli orari di chiusura», continua Camarda.
Il semaforo verde spetta invece alle disposizioni per la festa di Sant’Agata, nella parte che riguarda le candelore. Mancano al contrario norme sul fercolo e sulla processione. L’iniziativa, che da un lato ha messo più ordine ai festeggiamenti, non ha fatto comunque mancare alcuni episodi turbolenti, spesso raccontati da questo giornale. Dalla candelora degli ortofrutticoli in sosta nel 2015 sotto al balcone del presunto boss del clan Cappello Massimiliano Salvo, fino agli avvenimenti dell’ultima edizione, con il condannato per usura Antonello La Rosa che si è accomodato sul candeliere.
C’è poi il regolamento dei beni confiscati alla mafia. Approvato dal Consiglio comunale nel 2014 con il primo bando, il giardino di Scidà, per l’affidamento arrivato due anni dopo. Nel documento inviato agli aspiranti sindaci c’è anche la voce dedicata alla Fabbrica del decoro, la struttura permanente – di cui Camarda è stato presidente per poi dimettersi – che si è occupata con il coinvolgimento di alcuni associazioni di redigere un regolamento per ridare lustro a strade e quartieri della città. Approvato dalla giunta e dalla commissione Urbanistica, si è poi arenato non andando mai al voto del Consiglio comunale «per motivi mai chiariti», conclude Camarda. Ultimo punto è quello della Rete dei numeri pari, campagna lanciata un anno fa sempre da Libera sul reddito di dignità, iniziativa per il contrasto per la povertà.
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