Poche riduzioni di pena e tante conferme. Anche in appello l’impianto accusatorio della procura di Palermo del processo Apocalisse che vedeva imputati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento e intestazione fittizia di beni 97 tra boss e gregari delle cosche di Tommaso Natale, San Lorenzo e Resuttana; si è rivelato solido. Restano così in piedi gli oltre cinque secoli complessivi di carcere inflitti agli imputati in primo grado.
Ribaltata la situazione per quattro dei trenta assolti dal gup, che sono stati condannati e per due di loro sono scattate le manette al termine dell’udienza. Alla sbarra capimafia di prima grandezza come Girolamo Biondino, fratello di Salvatore, l’autista di Totò Riina, condannato a 13 anni e 8 mesi, Antonino Di Maggio, che ha avuto 10 anni e 6 mesi, Giuseppe Fricano, che ha avuto 13 anni e due mesi e Sandro Diele condannato a 14 anni e otto mesi.
L’accusa in appello è stata sostenuta dal pg Rita Fulantelli. Il dispositivo è stato letto nell’aula bunker del carcere Pagliarelli. Ai tre collaboratori di giustizia condannati, Vito Galatolo, Silvio Guerrera e Giovanni Vitale detto Il Panda, la corte ha riconosciuto l’attenuante speciale prevista dalla legge per i pentiti che abbiano dato un contributo rilevante all’istruttoria del processo. A Vitale, che raccontò del progetto di attentato all’ex pm di Palermo Nino Di Matteo, in primo grado l’attenuante era stata negata. La corte ha confermato l’assoluzione, tra gli altri, del boss di San Lorenzo Giulio Caporrimo.
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