Apnea, i consigli per non correre rischi A Giarre gli istruttori incontrano gli studenti

«Se anche una sola persona eviterà di incappare in un incidente mentre è sott’acqua, avremmo raggiunto il nostro obiettivo». Sebastiano Guarnaccia è un istruttore della sezione catanese dell’Apnea Academy, la scuola di formazione e di ricerca per l’apnea subacquea fondata nel 1995 dal pluriprimatista mondiale Umberto Pellizzari. Per la prima volta sabato scorso ha sostenuto una lezione davanti a centinaia di studenti delle scuole superiori di Giarre sul fascino e i pericoli di questa disciplina. Su come prepararsi e sui consigli da seguire per evitare rischi. Un’occasione nata dopo l’invito di Tullio Sciuto, professore di Chimica all’istituto Ipsia Majorana-Sabin di Giarre e zio di Dario Sciuto, il 19enne morto lo scorso 13 settembre nello specchio di mare di Torre Archirafi. A lui e a Salvatore Bartilotti, 17 anni, pure lui deceduto il 30 settembre mentre faceva apnea ad Acicastello, è dedicata la lezione che si è tenuta nell’auditorium dell’Ipsia di Giarre. «Dopo la morte di mio nipote e di Salvatore, mi sono attivato per cercare di organizzare qualche attività nelle scuole. Non una commemorazione, ma qualcosa di utile», spiega il professore Sciuto, che condivide l’amore e la pratica delle immersioni in apnea.

L’invito è stato accolto da Massimiliano Astuto e Sebastiano Guarnaccia, i due istruttori della sezione di Catania dell’Apnea Academy, la cui istituzione, ormai quasi 20 anni fa, ha colmato un vuoto. Non si sapeva nulla dell’apnea e ancora oggi si conosce molto poco, nel 1995 è stata creata da zero una didattica grazie all’esperienza di Pellizzari. «Questa lunga assenza ha aumentato i rischi di una disciplina già intrinsecamente pericolosa. Conoscere i limiti del proprio corpo, insegnare alle persone i metodi per prevenire le patologie e quelli che garantiscono la sicurezza ha ridotto moltissimo gli incidenti in mare, che prima invece erano all’ordine del giorno», sottolinea Guarnaccia. Soprattutto le sincopi – lo svenimento a causa della mancanza di ossigenazione del cervello che in acqua può risultare fatale – sono diminuite perché erano spesso dettate dalla pratica dell’iperventilazione, l’atto respiratorio forzato e ripetuto prima dell’immersione che abbassava il livello di anidride carbonica. «Oggi non si fa più, insegniamo altre tecniche per raggiungere il rilassamento e respirare correttamente», aggiunge.

Gli istruttori danno un elenco di consigli e precauzioni per praticare un’apnea consapevole – sia come disciplina pura, sia applicata alla pesca subacquea – affinché sia un’attività di benessere. Primo: l’apnea non va mai praticata da soli. «Serve sempre un compagno presente e almeno del nostro livello a cui affidare la nostra sicurezza – spiega Guarnaccia – Se non è in grado di scendere alle stesse mie quote, non mi potrà aiutare. Se fosse addestrato anche in pratiche di rianimazione sarebbe il massimo. Il consiglio è dunque alternarsi nelle discese e sorvegliarsi dall’alto».

Secondo: conoscere le modifiche che il nostro organismo subisce durante l’apnea subacquea. «Disidratazione e adattamento alla profondità soprattutto. Durante una battuta di pesca subacquea non si avverte la sete, invece il nostro corpo ha bisogno di idratarsi. Ma se non si sa, non si beve andando incontro a rischi. Scendendo a certe quote, poi, serve compensare la pressione che aumenta e agisce sui timpani: bisogna ripristinare i volumi dell’orecchio, introducendo aria nell’orecchio medio con una manovra che va imparata e che è tanto più difficile quanto più si va in profondità».

Terzo: conquistare la profondità in modo graduale. «La pressione aumenta di un’atmosfera ogni dieci metri, bisogna adattarsi a poco a poco. Da errori nelle manovre di compensazione possono derivare patologie a carico dell’orecchio, come la lacerazione del timpano, o ai polmoni, come l’edema polmonare, per cui è possibile anche avere una predisposizione genetica».

Quarto: non tenere in bocca lo snorkel, cioè l’aereatore. «Molte riviste di pesca fanno vedere il sub con il tubo in bocca, invece va tenuto solo in superficie per arearsi, non durante l’immersione. E’ una banale precauzione che evita diversi rischi».

Quinto: bisogna sempre ascoltare il proprio corpo. «L’apnea è una disciplina fortemente introspettiva, l’ascolto interiore è molto più spinto che in altri sport. E’ necessario prestare attenzione alle nostre sensazioni, perché ci troviamo in un ambiente estraneo. I meccanismi di adattamento vanno allenati, non è una cosa immediata: la gestione dell’ansia, la capacità di dominare emozioni, vanno curati con un training mentale».

Sesto: avere cura del proprio equipaggiamento.

Settimo: saper rinunciare quando non ci si sente in grado. «Se sono raffreddato o non mi sento bene, anche psicologicamente, in mare non bisogna andare. Non è come affrontare una corsa, sott’acqua non c’è possibilità di rinunciare immediatamente una volta iniziata l’immersione, perché serve sempre il tempo di risalire».

Di questo elenco basilare hanno parlato sabato i due istruttori davanti agli studenti di Giarre, ma un vero corso di formazione dell’Apnea Academy prevede un corso di 15 sessioni in piscina, dieci ore in aula e sei sessioni di mare. «Seguire queste precauzioni rende l’apnea una disciplina come le altre per pericolosità. Inoltre se c’è un compagno in grado di dare l’assistenza necessaria, nel 99 per cento dei casi basta uscire dall’acqua per riprendersi in pochi secondi», conclude Guarnaccia. Soddisfatti gli organizzatori dell’incontro. «Credo sia fondamentale offrire nelle scuole queste opportunità di formazione – spiega Sciuto – soprattutto nei paesi di mare, dove la sicurezza in acqua dovrebbe essere equiparata a quella sulla strada, perché moltissimi praticano snorkeling o provano a prendere un polpo senza conoscere bene il proprio corpo. Gli incidenti possono succedere lo stesso, come successo a Dario e Salvatore che conoscevano bene le precauzioni da prendere venendo da famiglie abituate a fare apnea, ma la prevenzione resta l’unica via su cui puntare».

[Foto di Nicolas Karasiak]

Salvo Catalano

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