Anziani, Comune non paga assistenti da maggio 2016 «Braccia incrociate perché lavoriamo a spese nostre»

Le lavoratrici di tre cooperative sociali  Iside, Delfino e Fenice che svolgono il servizio di assistenza domiciliare agli anziani per i Comuni di Catania, Misterbianco e Motta, da oltre nove mesi sono senza stipendio. Per questo motivo, dopo alcune iniziative prese dalle dipendenti e l’intervento del consigliere comunale Niccolò Notarbartolo che ha portato la questione in aula, il personale ha deciso di entrare in stato di agitazione e incrociare le braccia durante la giornata di domani dalle 10 alle 14. Giorno in cui le lavoratrici hanno organizzato un sit-in davanti alla prefettura di Catania, proclamato dalla Cisal terziario

A spiegare il meccanismo, ora intoppato, di pagamento è il segretario provinciale della sigla sindacale Paolo Magrì. «L’ultima erogazione dell’amministrazione risale a maggio 2016, quindi in realtà è da undici mesi che il Comune non paga – spiega il sindacalista a MeridioNews   le lavoratrici hanno avuto qualche acconto, nel frattempo, ma non hanno visto un centesimo delle ormai nove mensilità che spettano loro». «Il servizio è finanziato dai fondi Pac, che sono soldi ministeriali – chiarisce –  il Comune è semplicemente un intermediario, che però paga solo dopo la rendicontazione e la fatturazione da parte delle cooperative. Un iter che però, secondo noi, è insostenibile perché alla fine a rimetterci sono le persone che lavorano. Mentre, crediamo, il Comune dovrebbe farsi carico di un avanzo e poi aspettare di essere rimborsato dal ministero».  Una soluzione che potrebbe risolvere quella che il segretario Cisal definisce «un’arma a doppio taglio». «Chi si occupa degli anziani prende al massimo 600 euro al mese – aggiunge – Rientra quindi già nella fascia debole che, tuttavia, aiuta persone che stanno ancora peggio, spesso in condizioni di indigenza. In questo modo facciamo welfare creando malessere e, onestamente, non è possibile né giusto». 

Ma nel processo burocratico di approvazione dei conti tra Roma e Catania si passa anche attraverso Palermo, con un relativo allungamento dei tempi. Spetta infatti alla Regione Sicilia valutare e approvare la rendicontazione che il Comune presenta dopo avere ricevuto i documenti dalle cooperative. Provocando ulteriori disagi alle famiglie che, ogni giorno, devono recarsi nelle case degli anziani coinvolti nel progetto. «Ormai la situazione è invivibile – dichiara Angela Lattuga, una delle operatrici del servizio, a MeridioNews –  Stiamo di fatto prestando un servizio comunale a spese nostre, e siamo tutte ragazze che hanno una famiglia alle spalle. Tra i nostri mariti c’è chi è stato licenziato e in attesa di occupazione». 

Secondo quanto spiegato dalla lavoratrice, l’impasse nei versamenti sarebbe dovuta al fatto che «come ci hanno detto dal Comune, alcune delibere di pagamento sono state fatte ma sono ferme in Ragioneria», in altri casi invece «ci hanno detto che ci sono problemi con le fatture di cui non sapevamo nulla fino ad oggi». Da parte loro, per evitare che il servizio finisca e dare un contributo alle proprie dipendenti, i rappresentanti delle cooperative hanno dato duecento euro mensili per ogni operatrice ma, come aggiunge Lattuga, «è chiaro che non possono coprire tutto perché devono pagare i contributi e non possono ottenere prestiti dalle banche». 

«Il rimborso che ci danno serve per coprire le nostre spese essenziali, la benzina, le bollette, il cibo per i nostri figli ma è una vera vergogna – conclude – che non dipende da loro ma dalle istituzioni coinvolte». Il Comune di Catania, infatti, stando alle parole della donna avrebbe aspettato «l‘ultimo giorno utile per inviare la rendicontazione di marzo e aprile 2016, ovvero il 28 febbraio», mentre non si saprebbe ancora nulla dei restanti mesi dovuti. Durante la manifestazione di domani mattina sigle sindacali, rappresentanti delle cooperative e lavoratrici, chiederanno di poter incontrare la prefetta di Catania Silvana Riccio per avere «informazioni sicure sui pagamenti e sulle tempistiche».

Mattia S. Gangi

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