Medici, insegnanti e studenti si impegnano a mettere a disposizione le proprie competenze per la comunità. Succede nel pieno centro di Catania, nel quartiere Antico corso, dove il centro sociale Liotru tenta di ricucire le maglie di una rete sociale che i cittadini lamentano essersi persa. È il progetto Legami di quartiere, che partirà in autunno e del quale a novembre sarà presentato il calendario. «È un’idea in fase di costruzione, il nostro è un appello a chiunque voglia dare una mano», spiega Erika Garozzo, attivista del cso di via Montevergine.
Nel quartiere c’è il barocco siciliano del monastero dei Benedettini. E tra i portici «una cultura che si chiude in se stessa», dicono spesso gli abitanti dell’Antico corso. Lì dove c’è un crocevia di case fatiscenti, clacson, famiglie che vivono nella zona da generazioni e affitti per gli studenti sempre più alti. «Non si sa più quale sia la causa e quale la conseguenza», continua Garozzo. Il centro sociale in cui anche lei s’impegna è diventato un punto di riferimento per quella porzione di centro storico. Mentre si assiste alla progressiva dismissione dei presidi ospedalieri della zona e allo smantellamento della scuola Diaz-Manzoni. Agli abitanti non è chiaro se il quartiere sia stato consegnato all’indifferenza e al degrado perché si sta spopolando. O se al contrario si stia svuotando perché abbandonato all’incuria.
«Abbiamo pensato a tre importanti attività da organizzare dentro i locali del centro sociale», spiega Erika. Saranno aperti a tutti un consultorio gestito da medici e specializzandi, un doposcuola coordinato da famiglie e docenti e un’aula studio serale gestita dagli studenti universitari. «Speriamo così di creare dei legami, delle connessioni sul territorio – racconta la ragazza – per riscoprire le relazioni sociali che sono l’elemento portante del quartiere, che in questi anni ha perso il suo cuore pulsante e la sua identità popolare».
Una delle prime professioniste ad aver creduto nel progetto è Gabriella Napoli, ginecologa catanese. «Il quartiere è popolato da tanti strati sociali – interviene la dottoressa -. Da studenti, da famiglie povere e da anziani e sono tutte persone che hanno bisogno di assistenza, di qualcuno che li indirizzi verso una più corretta educazione alla salute». I servizi che i volontari proporranno sono quelli di informazione e consulenza alla cittadinanza attraverso «corsi di preparazione al parto per le giovani donne e incontri sulla prevenzione con le ragazze delle scuole». E poi ci saranno appuntamenti per parlare di alimentazione con bambini e anziani. «L’iniziativa coinvolgerà molti miei colleghi – spiega Napoli -. Sono disponibili a mettersi al servizio del territorio per recuperare le sue risorse più importanti».
Erika Garozzo dà l’immagine di un quartiere che soffre la presenza invasiva dell’università e delle sue politiche abitative che starebbero snaturando il borgo trasformandolo «da quartiere popolare a territorio dove le famiglie storiche lasciano il posto agli universitari». La portavoce del centro sociale chiarisce che gli studenti sono i benvenuti nella zona, «ma serve un progetto di riqualificazione e di pianificazione urbana. Invece l’amministrazione non propone alcun intervento e si continua ad assistere semplicemente al trasferimento delle case popolari nelle zone più periferiche».
Questo processo ha un nome. Succede che gli abitanti dei quartieri storicamente popolati dalle fasce più povere siano costretti a spostarsi, mentre persone delle fasce più agiate si insedino nell’area, provocando l’aumento degli affitti e spesso una drastica trasformazione dell’identità del posto. Si chiama gentrificazione. Ma mentre urbanisti e sociologi discutono dei pro e contro del fenomeno, c’è chi vuole «riprendersi il quartiere pezzo per pezzo – afferma Erika -. Per preservarlo e viverlo».
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