Anche il Ministro D’Alia, indirettamente, si è accorto che le nomine del Governo Crocetta ignorano il decreto legislativo n. 39

Da quando il suo mentore, Pierferdinando Casini – a nostro modesto avviso un ‘affonda barche’ della politica italiana – si è avvicinato a Mario Monti, non ci capita spesso di dare ragione a Giampiero D’Alia, coordinatore dell’Udc siciliana, oggi Ministro della Funzione pubblica.

D’Alia dice una cosa che, questo giornale, scrive da tempo, e cioè da prima che l’Ars approvasse la legge ‘Antiparentopoli’ impugnata dal Commissario dello Stato (LinkSicilia ha definito questa legge inutile ben prima che venisse approvata da Sala d’Ercole).

Il Ministro D’Alia, in sostanza, afferma che il Governo di Rosario Crocetta, invece di perdere tempo con la legge ‘Antiparentopoli’ farebbe bene ad applicare la normativa nazionale anticorruzione e la normativa sull’incompatibilità e sull’inconferibilità degli incarichi pubblici.

In questo secondo caso – con riferimento alla cosiddetta “inconferibilità” degli incarichi dirigenziali – LinkSicilia scrive, in totale solitudine, da oltre un mese.

Sarebbe stato importante che la parola autorevole del Ministro D’Alia fosse arrivata prima dell’approvazione della legge ‘Antiparentopoli’ e non dopo. Perché la legge ‘Antiparentopoli’, che rappresenta l’ennesimo fallimento del Governo regionale di Rosario Crocetta, sarebbe dovuta servire allo stesso Crocetta per nascondere il fatto che il suo Governo ha ‘pilotato’ decine e decine di nomina in barba al decreto n. 39 di quest’anno. Guarda caso, è il decreto sulla “inconferibiletià degli incarichi dirigenziali”: incarichi che il Governo Crocetta ha conferito lo stesso, ‘sbattendosene’ del decreto legislativo n. 39.

Per chi non l’avesse capito, l’impugnativa del Commissario dello Stato ha un doppio significato: segnala l’incostituzionalità di una norma che il Governo Crocetta non avrà nemmeno il coraggio di difendere davanti alla Corte Costituzionale; ma segnala, inoltre, la presenza di una legge – il decreto legislativo n. 39 di quest’anno, uno dei due provvedimenti richiamati dal Ministro D’Alia – che il Governo Crocetta si sta mettendo sotto i piedi.

C’è anche un motivo: trattandosi di un Governo regionale che, in realtà – come abbiamo scritto un sacco di volte – sta liquidando l’Autonomia siciliana, Crocetta e il senatore Beppe Lumia non vogliono rotte le scatole perché, liquidando l’Autonomia siciliana, s’illudono di costituire e, soprattutto, rafforzare, il loro Partito: il Megafono. Invece andranno a sbattere. Anche con tutte le nomine illegittime.

Detto questo, anche se con ritardo, il Ministro D’Alia dice una cosa giusta. Anzi, due cose giuste. Che il Governo Crocetta, invece di perdere tempo con la legge ‘Antiparentopoli’, potrebbe applicare la legge nazionale anticorruzione che sanzionerebbe i vari conflitti di interesse, compresi quelli sulla formazione professionale. E che lo stresso Governo regionale farebbe bene ad applicare il decreto legislativo n. 39, mandando a casa tutti i dirigenti regionali illegittimi nominati dallo stesso Governo Crocetta.

Non sappiamo se, in ordine a tutte le nomine di dirigenti regionali fatte dal Governo Crocetta, siano già stati presentati ricorsi (noi ce lo auguriamo e invitiamo i soggetti coinvolti in questa storia, a presentare ricorsi). Ricordiamo che il decreto legislativo n. 39 introduce la già citata “inconferibilità”, ovvero il divieto tassativo di nominare nelle società e negli enti dirigenti che fanno capo alla stessa amministrazione pubblica che controlla i medesimi enti e le medesime società.

Il Governo Crocetta, come già ricordato, ha ignorato questa prescrizione e ha nominato e continua a nominare dirigenti regionali in enti e società controllati dalla stessa Regione. Ricordiamo che, in presenza di un eventuale pronunciamento di nullità, tutti gli atti adottati dai dirigenti nominati in tali enti e in tali società risulteranno nulli. Se tali atti avranno prodotto esborso di denaro, qualcuno – e non è difficile indovinare chi – ne risponderà, in solido, in un eventuale giudizio davanti alla Corte dei Conti.

 

 

Redazione

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