Amt, la crisi degli autisti a causa del declino della ditta «La gente ci sputa e l’azienda ci toglie pure la dignità»

«I vertici dell’azienda li chiamano risparmi, per noi sono furti». Uno sfogo di rabbia misto a tanta rassegnazione condisce una lettera aperta scritta da un autista dell’Azienda metropolitana trasporti e indirizzata al direttore generale Antonio Barbarino. Il lavoratore – che preferisce rimanere anonimo – ha 54 anni ed è un dipendente della partecipata comunale da diciannove. Nel corso del tempo, ha avuto modo di apprezzare sia gli anni ruggenti della società pubblica che quelli del declino. Un periodo quest’ultimo che «si è aggravato nell’ultimo anno e mezzo, in coincidenza con l’insediamento di Barbarino», dice riferendosi all’ingegnere a capo dell’azienda che gestisce il trasporto pubblico nel capoluogo etneo. Definito «un grandissimo professionista, senza alcuna nota ironica – continua il lavoratore -. Il suo problema è che sta cercando di rimettere in piedi l’Amt a spese dell’unico bagaglio che ci portiamo su ogni vettura: il sangue, la dignità, il diritto e la voglia di lavorare». A determinare la crisi degli autisti sarebbero così gli sforzi richiesti dalla società presieduta dal presunto dimissionario Carlo Lungaro per scongiurarne il fallimento. «È un epilogo al quale ormai ci stiamo abituando, nonostante i dirigenti si esercitino ancora a nascondere la luna con un dito. Loro pensano che l’Amt sia immortale, in realtà fa acqua da tutte le parti», racconta il lavoratore.

I sacrifici che più pesano agli autisti riguardano gli interventi sul monte degli straordinari. «I permessi per i giorni di lutto, per accudire un familiare disabile, per una malattia o per donare il sangue ci vengono concessi ma defalcandoli da là», spiega. In questo modo «veniamo spogliati dei diritti basilari. Ci trattano come numeri, pedine, macchine». Per questa ragione i sindacati, che seguono la vicenda Amt da tempo, vorrebbero «avviare un procedimento legale a carico dell’azienda, denunciando il direttore per appropriazione indebita e comportamento antisindacale». Ma il problema, per i dipendenti, non si ferma ai disguidi con i vertici e prosegue con gli avventori delle linee. «Le persone che usano gli autobus si accorgono dei tagli e della crisi sulla loro pelle quando devono aspettare per un’ora e mezza sotto il sole», dice. Motivo per cui, «quando la vettura arriva con il conseguente ritardo, la gente se la prende con l’autista che nel frattempo ha viaggiato senza aria condizionata per un discreto numero di ore. Il risultato per noi sono insulti, sputi, percosse e maledizioni verso le nostre famiglie: sono condizioni da terzo mondo», sottolinea il lavoratore. Che precisa come i livelli di stress determinati dal contesto in cui si esercita la professione «portino ogni anno alla morte di tre o quattro autisti per infarto». «Una concatenazione di cause ed effetti che soltanto chi lavora negli autobus dell’Amt può capire bene», aggiunge. 

«Le persone sono ignoranti e non capiscono che noi siamo l’ultimo anello di una catena dove a monte, tra i suoi dirigenti, vige probabilmente il menefreghismo», racconta l’uomo. Che contesta un presunto reato di abbandono a carico dei vertici dell’azienda nei confronti «non solo dei dipendenti, ma anche della città». Sulla vicenda interviene anche il responsabile regionale del sindacato Fast-Confsal Giovanni Lo Schiavo. «L’Amt è precotta, nessuno dei vertici ha avuto mai uno scatto di orgoglio per far fronte all’emergenza. Il presidente Lungaro, secondo me, sarebbe dovuto andare dal socio unico di Amt rappresentato dal sindaco Enzo Bianco a riscuotere i 30 milioni di euro che l’azienda aspetta dal Comune di Catania», dichiara il sindacalista. Mentre entra nel merito dei disagi relativi agli straordinari il segretario provinciale di Faisa-Cisal Aldo Moschella. Che dice: «La ditta obbliga i lavoratori a fare degli straordinari che non paga, defalcando da quel monte ore i permessi dati a vario titolo: è un’assurdità». Ragion per cui «intanto abbiamo denunciato l’accaduto al tribunale del Lavoro e se, da qua a qualche mese, le cose non dovessero cambiare – conclude – siamo pronti a scioperare a oltranza a partire da settembre». 

Cassandra Di Giacomo

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