Domanda legittima dopo avere visto i rosanero uscire sconfitti da Crotone con un rotondo 3-0. Qual è il vero Palermo? E’ quello che in casa contro la capolista Brescia ha giocato nettamente meglio dell’avversario e avrebbe meritato di vincere o la squadra spenta, senza idee e poco incisiva vista ieri sera allo Scida? A distanza di undici giorni dall’ultima apparizione sul rettangolo verde è difficile decifrare il reale volto della compagine di Stellone. In grado lo scorso 15 febbraio di imporsi sul piano del gioco contro una diretta concorrente per la promozione e, nel match successivo dopo avere osservato un turno di riposo, di stupire in negativo compiendo evidenti passi indietro e offendo una prestazione decisamente al di sotto del proprio standard. Il Palermo ammirato contro le Rondinelle e penalizzato in termini di risultato solo da un episodio autorizza un certo ottimismo in ottica serie A. Il Palermo anti-Crotone, invece, legittima le perplessità e le preoccupazioni dei tifosi, spiazzati dall’inaffidabilità e dagli alti e bassi di una squadra ancora alla ricerca di una precisa identità.
Preoccupante non è tanto lo sviluppo di una classifica che anche nelle zone alte continua ad essere molto liquida (il sorpasso del Benevento al secondo posto, tuttavia, è un altro segnale dell’involuzione accusata dai rosa in questo girone di ritorno) quanto, piuttosto, la pochezza che ha caratterizzato la prestazione della squadra. Molle e poco reattiva. E non basta un secondo tempo con un indice di pericolosità più alto rispetto a quello della prima frazione di gioco (esercizio non difficile, oltretutto, considerando che nei primi 45 minuti gli ospiti si sono fatti notare in area avversaria solo con una girata di destro di Moreo su assist di Rispoli) per assolvere il collettivo o ridimensionare la figuraccia fatta ieri in casa dei pitagorici. Alla vigilia dell’incontro Stellone aveva chiesto ai suoi di giocare contro la formazione calabrese con grinta, attenzione e concentrazione? Da questo punto di vista il tecnico è stato tradito dal gruppo. Il Palermo di ieri, simile per apatia e povertà di contenuti a quello che ha perso a Cremona alla seconda giornata di ritorno, sapeva perfettamente che per imporsi su un avversario agguerrito, in crisi di risultati e affamato di punti per emergere dai bassifondi della classifica occorrevano intensità, tenacia e spirito combattivo. Elementi che, invece, non si sono visti nel foglio che i rosa hanno consegnato al termine del loro esame. Motivo per cui la prova non è stata superata.
La compagine di Stroppa, che tra le mura amiche non vinceva da ottobre, nonostante le attuali difficoltà testimoniate dal penultimo posto e un disagio manifestato per diversi tratti dell’incontro soprattutto in fase di impostazione della manovra, ha avuto il merito di sfruttare le armi necessarie per battere una squadra con una cifra tecnica superiore (almeno sulla carta) e, con la complicità decisiva dei rosanero, ha incanalato il match sui binari che voleva. A prescindere dalla prova deludente di diversi giocatori (Falletti, ad esempio, ha sbagliato una quantità industriale di passaggi e Nestorovski, tornato nell’undici titolare dopo i due mesi di stop forzato, non ha intonato acuti degni di nota), tre istantanee fotografano in maniera nitida la serata no della formazione guidata da Stellone e schierata con il 3-4-1-2: la mancanza di killer-instinct di Moreo a tu per tu con il portiere Cordaz nell’azione che ha preceduto al 78’ il 2-0 dei padroni di casa e le clamorose dormite dei difensori rosanero in occasione dei primi due gol rossoblù.
Le reti di Rohden al 28’ del primo tempo e di Mraz (subentrato poco prima dell’intervallo all’infortunato Pettinari) a dodici minuti dalla fine sono figlie della svagatezza di un pacchetto arretrato (coinvolti Szyminski, Bellusci e Rajkovic) particolarmente vulnerabile. E anche Aleesami ci ha messo del suo provocando con una evitabile trattenuta su Simy il rigore del 3-0 trasformato al 92′ dall’attaccante rossoblù ad un passo peraltro dalla doppietta personale ai titoli di coda del match. Diversi indizi formano una prova. Il Palermo di ieri, al netto di una timida reazione mostrata nella ripresa e della voglia di non mollare mai mostrata da qualche individualità (sugli scudi Jajalo), non è nelle condizioni di fare tanta strada. Non basta il nome per andare in serie A. Il Palermo, compagine contro la quale tutti gli avversari moltiplicano le forze sapendo di affrontare una big della serie B, per centrare l’obiettivo deve scendere in campo con la consapevolezza che, al di là delle qualità tecniche, non possono mai mancare fame e ardore agonistico. Strumenti indispensabili per portare a termine un lavoro che, nel caso dei rosa, significa promozione nella massima serie.
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