Cronaca

Inquinamento e malattie, i dati del rapporto Sentieri: 315mila siciliani vivono in aree contaminate

«Eccesso di rischi per la mortalità dovuta a tutti i tumori maligni e per le malattie dell’apparato urinario». È solo uno dei passaggi più allarmanti, riferiti al territorio della Sicilia, messo nero su bianco nell’ultimo rapporto Sentieri. Il progetto nato nel 2006, coordinato dall’Istituto superiore di sanità e finanziato dal ministero della Salute, che ha come obiettivo quello di studiare i territori e gli insediamenti esposti a rischio da inquinamento attraverso l’analisi dei dati su mortalità e ospedalizzazioni. Sotto la lente d’ingrandimento sono finiti 45 siti di interesse per le bonifiche di cui 38 classificati come d’interesse nazionale e sette di interesse regionale. Per la Sicilia le zone monitorate sono quelle di Gela, Priolo, Milazzo e Biancavilla e complessivamente gli abitanti dell’isola che vivono in aree contaminate ed esposte a rischi sono 315mila.

Anche nell’ultimo rapporto, per Gela si evidenziano le difficoltà nel mettere in archivio il vecchio petrolchimico Eni poi riconvertito nella raffineria green a partire dal 2019. Nell’area vi sono «rischi eccessivi per il tumore ai polmoni e per le malattie urinarie», si legge nel rapporto. Un pericolo che non riguarda soltanto gli operai ma anche la popolazione residente. Nel sito di Gela vi è inoltre una grave incidenza di malformazioni fisiche, già presenti nel periodo prenatale. Alla voce «anomalie congenite» del rapporto vengono segnalati 248 casi su 6145 soggetti osservati nel periodo 2011-2019. Un numero superiore rispetto alla media regionale con eccessi per quanto riguarda «il sistema nervoso, l’apparato urinario, dei genitali e degli arti». Il rapporto, nel suo complesso, non può essere letto come un documento esaustivo al cento per cento. A più riprese viene indicata infatti la necessità di ulteriori verifiche.

«Eccesso di patologie correlate ad amianto», sono quelle emerse negli studi sull’area industriale di Milazzo, in provincia di Messina. Un sito che comprende anche l’ex industria Sacelit nel territorio del Comune di San Filippo del Mela, attiva dal 1956 al 1993 e che ha impiegato 228 operai, quasi tutti uomini. Nell’area industriale di Milazzo ricadono, secondo il censimento del 2019, quasi 43mila abitanti. Tra le patologie con un’evidenza a priori di associazione con le fonti di rischio ambientali vengono indicati «i tumori maligni del connettivo e dei tessuti molli, le leucemie e l’insufficienza renale cronica», si legge nel rapporto Sentieri. Così come nell’area di Gela viene sottolineato un numero elevato di casi, rispetto al dato regionale, di anomalie congenite. Nel periodo 2011-2019 si fa riferimento a 3032 nati con 111 casi di anomali osservate, specie per quanto riguarda le malformazioni a genitali e arti.

Critica la situazione nel territorio dell’area industriale di Priolo, in provincia di Siracusa. Sotto la lente d’ingrandimento 178mila residenti sparsi in quattro Comuni: Augusta, Melilli, Priolo Gargallo e Siracusa. Nel rapporto vengono indicati «numeri in eccesso» per quanto riguarda le ospedalizzazioni, anche a livello pediatrico. Tra le patologie il documento evidenzia i tumori maligni nel loro insieme, quelli polmonari, alla mammella e alla vescica. La nutrita presenza di attività industriali equivale a «una diffusa contaminazione di sostanze pericolose». Tra queste c’è anche l’amianto per la presenza nel territorio di Siracusa di una fabbrica, attiva dal 1955 al 1991. Vengono suggeriti anche «adeguati approfondimenti» per quanto riguarda l’eccesso di anomalie congenite ai genitali insieme all’alto numero di ospedalizzazioni per i tumori ai testicoli.

Ultima zona dell’Isola che compare nel rapporto è quella di Biancavilla (nel Catanese) per la presenza di una cava di fluoroedenite. La zona, che ricade a monte Calvario, è al centro di un progetto di bonifica e messa in sicurezza che a fronte di una spesa di 17 milioni di euro dovrebbe trasformare la cava in un parco urbano. Nel rapporto si indica come la presenza del minerale killer abbia contribuito a un eccesso di casi di tumore alla pleura con un elevato rischio per i soggetti «in età giovanile». Negli anni, stando a quanto indicato nel rapporto, si è comunque lavorato per ridurre la dispersioni di polveri. Tra gli esempi vengono indicati lo stop alle attività estrattive dalla cava ma anche la regolamentazione delle modalità lavorative nelle attività edili. Questo però non basta poiché bisognerebbe proseguire il monitoraggio di tutte quelle attività che comportano movimentazione del terreno e lavori edili per il possibile rilascio di fibre da intonaci e opere murarie realizzate con il materiale estratto dalla cava.

Dario De Luca

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