Non proprio un gioiellino. L’Amat per cui il sindaco Leoluca Orlando spende parole sfacciate di rilancio, con la faccia seria di chi non riesce a dire altro, è tutt’altro che vicina al cambio di passo. Annunciato e mai veramente realizzato. Già da una decina di giorni Cobas, Ugl e Faisa-Cisal hanno proclamato lo stato di agitazione dei dipendenti. I rappresentanti dei lavoratori hanno inviato una lettera all’Amat per sollecitare un confronto su temi quali il contratto di servizio, il piano industriale, i nuovi turni di lavoro, il parco mezzi, l’avvio del tram e l’organizzazione del servizio di segnaletica stradale. Senza avere, però, nessun riscontro ufficiale. Contratto di servizio e piano industriale sono ancora a niente. Il presidente Antonio Gristina riunisce in sé da tempo le funzioni di direttore generale. Non c’è traccia di un riordino compiuto e gli stipendi, da mesi, arrivano ai dipendenti a singhiozzo.
La voce nuova dei sindacati dell’Amat, o meglio, quella che prova ad essere diversa, è la Confsat che corre solitaria nelle sue denunce. Giuseppe Arena, responsabile della sigla sindacale nei giorni scorsi ha inviato al sindaco una lettera. «Dopo tante richieste di convocazioni all’Amat, la Fast-Ferro/Vie è ancora in attesa di un riconoscimento che l’abiliti alle funzioni di sindacato». Il sindacato, ritenuto da alcuni minore, non molla e replica: «Pur non potendo rappresentare i lavoratori alle trattative aziendali, rimane un sindacato vicino ai tanti iscritti e non, che giornalmente si vedono calpestare diritti basilari e assistono impotenti ad un declino cronico dell’Amat per scelte scellerate di vertici aziendali e dirigenti che nonostante i pessimi risultati raggiunti hanno trovato il modo ritagliarsi premi di produzione».
La lettera poi entra nel merito di situazioni singole di disagio che limitano e rendono ancora meno sostenibile il vissuto quotidiano. «Hanno scippato la sala personale all’operatore di esercizio il quale è costretto a scrivere il foglio di servizio sullo sterzo, hanno obbligato a uscire vetture prive di tabellazione per poi al nodo provvedere con tabelle di carta, hanno gestito le ferie non di turnazione a loro piacimento, hanno messo il servizio-controllo-segreto nascosto in angoli bui, hanno ristretto le richieste per la concessione di prestiti ai lavoratori in quanto a loro dire la legge non lo consente». Un quadro decisamente scoraggiante che rivela la difficile possibilità di mettere al momento sotto lo stesso tetto aziendale soluzioni possibili e problemi ancora aperti. «Tra ritardi, inefficienze, latitanza politica e sindacale, siamo all’epilogo di una situazione disastrosa annunciata, che ha penalizzato e che penalizzerà ancora di più cittadini e lavoratori del settore Tpl di Palermo». E il dito resta puntato su un sindaco «disatteso dai vertici aziendali e poco attento ad un servizio essenziale come la mobilità per i cittadini palermitani».
Ormai non fa più notizia un autobus che si ferma per strada perché guasto o le officine dell’azienda di via Roccazzo intasate di mezzi spesso inutilizzabili. L’Amat peraltro è costretta anche ad essere un cattivo pagatore di fornitori con le banche che incassano robuste cifre di interessi. Insomma il rilancio, forse, domani ci sarà, ma oggi rimane la solita triste storia di un progetto lasciato a metà. Perché a conti fatti l’azienda dei trasporti palermitana non è proprio il gioiellino di cui il sindaco pubblicamente fa finta di vantarsi.
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