CINQUE NAVI, TRE MOTOVEDETTE E DUE ELICOTTERI PER SOCCORRERE CINQUE BARCONI DI MIGRANTI. NUMERI DA CAPOGIRO PER MARE NOSTRUM.
di Mauro Seminara
I numeri relativi al flusso migratorio mediterraneo sono disarmanti. Prenderne atto rende l’idea di quanti disperati si avventurano, in pieno inverno, su carrette estremamente precarie sfidando la mutevolezza stagionale del Mar Mediterraneo. Ma se questo è un dato che ormai ci sorprende poco, più eloquente risulta essere quello riguardante il soccorso di queste persone con l’attuale missione “umanitaria”. Tra venerdì 14 e lunedì 17 febbraio sono stati salvati 1.079 migranti nelle acque del Canale di Sicilia. Tra loro, oltre alle centinaia di donne, anche 64 minori e un neonato. Il recupero dei migranti è avvenuto grazie all’ausilio di un elicottero EH101 della Marina Militare di stanza a Lampedusa e un elicottero AB212, sempre della MM, in servizio sul ponte della nave anfibia da assalto San Giusto, anch’essa coinvolta nell’operazione. A questi mezzi si aggiungono le fregate Espero ed Aliseo, la nave da rifornimento carburante in alto mare Stromboli e la portacontainer civile MSC Maria Pia. Se la flotta vi dovesse apparire poco robusta, sappiate che sono state impiegate anche due motovedette d’altura della Guardia Costiera e una della Guardia di Finanza per trasferire a Pozzallo i 263 migranti che la nave Espero ha sbarcato a Lampedusa e che sull’isola sono rimasti per appena dieci minuti. La San Giusto invece ha impostato la propria rotta su Augusta con i restanti 816 migranti.
Sette navi e due elicotteri per soccorrere cinque barche. Il numero dei migranti differisce di poco da quello del personale impiegato ma vincono comunque i migranti per qualche centinaio di unità in più. Se si considera che il costo medio giornaliero (dato non ufficiale) della missione Mare nostrum si aggira sui 200.000 euro – che la flotta sia chiamata ad intervenire o meno – e che dal 18 ottobre, primo giorno di missione, a oggi sono stati soccorsi circa 10.000 migranti, ne vien fuori che ogni immigrato è costato grossomodo 2.400 euro per il solo soccorso in mare. Che un simile apparato possa ridurre sensibilmente il rischio di tragedie come quella del 3 ottobre è fuor di dubbio, ma in realtà non è il tipo di nave o il numero di esse a scansare il pericolo. La soluzione consiste nella vicinanza al porto di partenza dei migranti. Le navi della Marina Militare operano i soccorsi mediamente a cinquanta miglia dalla costa libica. Duecentocinquanta miglia dalla costa sud della Sicilia. Un vantaggio enorme per i trafficanti che adesso si dovranno preoccupare meno della affidabilità delle barche impiegate e beneficiano di un notevole risparmio di carburante. Barche meno costose e meno gasolio equivale a maggior guadagno. Se la rete del traffico di esseri umani fosse quotata in borsa le loro azioni sarebbero schizzate alle stelle. Tutto appare in netta contrapposizione con quello che per l’Italia dovrebbe essere il punto debole europeo contro cui lottare. Il trattato di Dublino, di fatto, limita il transito dei migranti tendendo a bloccarli nel nostro Paese anche contro la loro volontà. Agevolare il traffico verso l’Italia senza attuare una seria politica di revisione del Dublino non parrebbe una logica ineccepibile dal punto di vista economico. Semmai potrebbe apparire quello che secondo le vigenti leggi italiane è reato: agevolazione della immigrazione clandestina.
In una intervista recentemente rilasciata da Giusi Nicolini al periodico l’Espresso, la Sindaca definiva così la questione Mare nostrum: “La missione della Marina, con tutto il rispetto per il progetto Mare nostrum, non è unazione che evita i morti. Se costruisci una barriera non eviti i naufragi. Certo, questo ha spostato in avanti il pattugliamento e la vigilanza, ma salvare le vite umane è quello che già faceva la nostra guardia costiera. Attenzione: non voglio sminuire il valore di Mare nostrum, dico solo che la Guardia costiera in tutti questi anni ha lavorato con grande professionalità e passione“.
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