È ripreso stamane il difficile confronto sulla vertenza Almaviva. Oggi, infatti, nella sede di Unindustria, a Roma, si ritrovano ancora una volta azienda e sindacati, ma le posizioni appaiamo «sempre distanti». Dopo il nulla di fatto di mercoledì scorso, durante il confronto al Mise, tra oggi e domani parti sociali e dirigenza dovranno cercare un punto di incontro, anche perché il tempo stringe. Ai primi di giugno, infatti, scadranno i 75 giorni previsti per legge dopo l’apertura delle procedure di mobilità e, a quel punto, in assenza di un accordo tra le parti, i licenziamenti potrebbero diventar effettivi: 1670 a Palermo, 918 a Roma e 400 a Napoli.
E al momento non si vedono spiragli. Lo scoglio su cui sembra essersi arenata la trattava, al momento, riguarderebbe il recupero salariale. Sul tavolo, infatti, c’è sempre la proposta individuata dal viceministro Teresa Bellavona: la revoca della procedura di licenziamento collettivo da parte di Almaviva e la sottoscrizione di un contratto di solidarietà di sei mesi che verrà applicato in tutte le sedi, secondo criteri e percentuali di utilizzo stabilite dalle parti. Dal canto suo, l’azienda ha ribadito l’ipotesi di un contratto di solidarietà al 45% per le sedi di Roma e Palermo, al 35% per la sede di Napoli e con percentuali minime per le altre sedi. Una proposta subito bocciata dalle parti sociali perché condannerebbe i lavoratori di Roma e Palermo, oltre a una parte dei lavoratori di Napoli, a un’intesa che dimezzerebbe il loro reddito e che spianerebbe la strada ai licenziamenti.
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