«Me lo dicevano tutti: “Nino resterai deluso dal processo”. Non ci volevo credere, ma avevano ragione». A parlare è Antonino Lonia, uno dei parenti delle 37 vittime dell’alluvione che, il primo ottobre 2009, flagellò Giampilieri, Scaletta Zanclea, Briga, Molino e Altolia. Oggi era in aula insieme agli altri familiari e in silenzio ha ascoltato la sentenza del giudice monocratico di Messina, Massimiliano Micali, che ha condannato a sei anni di reclusione per omicidio colposo plurimo gli ex sindaci di Messina e Scaletta Zanclea, Giuseppe Buzzanca e Mario Briguglio, e ha assolto gli altri 13 imputati, dirigenti e tecnici. Caduta l’accusa di disastro colposo.
«Sono uscito da quell’aula come quando esco dal cimitero, con la testa bassa, perché mi sento male – continua Lonia -. Pensavo che qualcuno in più venisse condannato. Erano tutti invisibili, non hanno avuto responsabilità?». Sono parole dure quelle di chi, nell’alluvione, ha perso la moglie, i figli e il suocero. Commenta anche il comportamento degli imputati assolti e dei loro legali in tribunale. «Gli applausi in aula sono stati vergognosi». E proprio sulle assoluzioni, Lonia aggiunge: «Non capisco come sia caduta l’accusa di disastro colposo. Hanno dimenticato le denunce presentate nel 1996 e nel 2007 quando i nubifragi avevano riversato nel paese fiumi di detriti?». E poi ancora. «Che fine hanno fatto le relazioni dei vigili del fuoco – prosegue – che prescrivevano la periodica pulizia dei canali di scolo, avvertendo che in caso contrario la cittadinanza avrebbe corso seri pericoli?».
L’incredulità di Lonia è mista a rabbia e delusione. «Mio suocero aveva presentato denuncia al comune di Messina, avevo le foto, avevo le copie, ma tutto è andato via insieme alla casa nel 2009». L’attesa adesso è per le motivazioni della sentenza. «Ho bisogno di capire – confessa – anche perché ho vissuto con l’ansia di questa condanna fino a oggi». Il timore è quello che in appello possano essere annullate anche queste condanne. «Mi toccherà vedere assolti in secondo grado anche gli unici due che sono stati riconosciuti colpevoli?», si chiede Lonia.
E al tribunale oggi c’era anche Giuseppe Neri, il padre di Simone, l’eroe di Giampilieri che ha sacrificato la sua vita per salvare quella degli altri. «Due sole persone condannate mi sembrano poche – spiega – anche perché gli indagati erano molti di più. Il risarcimento? Non ci sono soldi che ti ripagano per la perdita di un figlio». Dello stesso avviso anche il presidente del comitato Salviamo Giampilieri, Fulvio Manganaro. «Senza dubbio dal punto di vista umano spiace perché sia Buzzanca che Briguglio sono stati attivi nel dopo alluvione. Ma è giusto che gli amministratori paghino se hanno omesso di vigilare – dichiara -. Credo però che le condanne non dovevano limitarsi ai sindaci, ma avrebbero dovuto riguardare anche i tecnici».
Gli assolti – perché il fatto non sussiste o per non averlo commesso – sono l’ex responsabile della protezione civile regionale Salvatore Cocina, l’ex commissario di Messina, Gaspare Sinatra, i geologi Giovanni Randazzo, Salvatore Cotone e Antonino Savoca, e poi ancora Alberto Pistorio Giovanni Rago e Francesco Grasso – redattori del piano stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico della zona compresa tra il torrente Fiumedinisi e Capo Peloro -, i dirigenti regionali, Giovanni Arnone e Tiziana Flora Lucchesi; i progettisti Francesco Triolo, Salvatore Di Blasi, Giovanni Garufi. Per Buzzanca e Briguglio oltre alla condanna a sei anni di reclusione per omicidio colposo plurimo, anche l’interdizione dai pubblici uffici per tre anni. Previsti, infine, una provvisionale per i familiari delle vittime e un risarcimento da liquidare in separata sede.
L’alluvione di Giampilieri fu definita una tragedia annunciata. Negli anni precedenti al 2009 c’erano state infatti diverse avvisaglie. Quando la notte del 30 settembre cominciò a piovere nell’area a sud di Messina si consumò la tragedia. La pioggia continuò a cadere fino al mattino dopo, creando un fiume di fango che causò frane e smottamenti. Alcune delle case di via Puntale furono spazzate via.
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