Ritorno delle comissioni miste, maggiore valorizzazione dei curricola degli studenti e nuovo assetto fiscale delle scuole, che diventeranno Fondazioni in modo da poter ricevere donazioni. Queste sono solo alcune delle modifiche apportate dal ministro Fioroni allo statuto che regola l’ordinamento scolastico italiano. Ma è cosa arcinota, ormai, che a preoccupare seriamente la stragrande maggioranza degli studenti delle scuole superiori è il ripristino degli esami di riparazione a settembre.
I liceali l’hanno manifestato chiaramente nella protesta che venerdì scorso ha fatto “tremare i banchi” in tutto il Paese, lo hanno scritto sui forum studenteschi e l’hanno sottolineato durante le speciali trasmissioni televisive dedicate alla “Rivoluzione”.
D’altra parte, i più anziani “colleghi” iscritti all’università sostengono la riforma e gli effetti benefici che potrebbe avere sulla preparazione delle future matricole, e anche Roberto Vecchioni, a nome degli insegnanti delle superiori inneggia al bisogno di rigore e alla necessità di far sudare i giovani sui libri fin dal liceo. Abbiamo deciso, allora, di sentire anche un’altra voce, quella dei docenti universitari, i quali, sebbene a una prima analisi possano sembrare i meno coinvolti nella questione, a ben guardare sono i mentori di domani che i liceali di oggi si ritroveranno di fronte una volta passati all’Università.
Per questo abbiamo raccolto il parere di Vincenza Scuderi, docente di Lingua tedesca alla nostra facoltà di Lingue, e di Pietro Calì, che insegna Teoria e storia del restauro alla facoltà di Architettura di Siracusa.
“Non so se l’ignoranza in cose di cultura generale di base che mi capita di riscontrare talvolta nei miei studenti sia dovuta a un debito formativo registrato come tale nel corso del loro cammino scolastico” ci dice la professoressa Scuderi, “o ciò sia da ricercare molto più in fondo in uno studio mirato esclusivamente al superamento di due interrogazioni a semestre. Forse entrambe le cose vanno di pari passo. Una piccola sfasatura logica mi pare di ritrovare in questa paura per dei rinnovati esami di riparazione: se la presenza di un debito formativo corrisponde a uno studio per sopperire ad esso, non vedo dov’è il problema nel presentare i frutti di tale studio in un piccolo momento d’esame che preceda l’inizio della scuola. Se invece il ‘porre rimedio’ al debito è visto come cosa futura, beh, non è una filosofia, mi sembra, che possa formare giovani realmente preparati“.
E il professor Calì non è di diversa opinione: “Senza temere di apparire ‘conservatore’, ritengo la riforma degli esami introdotta da Fioroni positiva, in quanto stimolo verso una visione di maggiore efficientismo della scuola. Efficienza sia da parte degli studenti che ovviamente, e prima di tutto, dei professori. Spesso ho riscontrato una preoccupante carenza di conoscenze generali negli studenti universitari, dovuta ad un abbassamento del livello medio di preparazione della scuola superiore. Naturalmente parlo di livello ‘medio’, con tutti i limiti che questa genericità si porta dietro. Queste carenze non sono tanto da attribuire agli studenti, quanto piuttosto ad una generale tendenza subita dall’istituzione scolastica verso uno svilimento del fondamentale ruolo preparatorio che è deputata ad avere. La principale responsabilità di ciò è a mio parere da attribuire alla gestione politica dello Stato che si riflette conseguentemente nella scuola. L’impegno dei professori credo sia quindi altrettanto importante che quello degli studenti per dare alla scuola il ruolo ineliminabile ed importantissimo di formazione di una coscienza sociale attraverso l’impegno individuale“.
Anche se non tutti gli studenti manifestanti adducono, per spiegare la loro protesta, motivazioni di sconcertante sincerità come quella che una ragazza ha confessato a Step1 (“Con questa cosa dell’esame a settembre ci stanno fregando. Saremo costretti a studiare!”), è vero che il precedente ordinamento scolastico – basato su “debiti” che si poteva benissimo non recuperare – faceva ben poco per contrastare la svogliatezza di molti studenti. I docenti universitari da noi sentiti, dunque, confermano di ritrovarsi troppo spesso ad avere a che fare con studenti che si portano dietro i segni di un cattivo metodo di studio adottato alle superiori. Gli studenti medi, in questi giorni, sembrano pronti alle barricate. Ma chissà che nel giro di qualche anno, se il decreto Fioroni entrerà effettivamente in vigore, non siano loro i primi a ringraziare il ministro.
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