Alla ricerca di una soluzione per l’istituto Gramsci Assessore: «Non può chiudere per debiti col Comune»

Che un istituto come il Gramsci, con alle spalle una biblioteca e un’archivio storico di estremo valore culturale (comprendente, fra le tante, le carte di Pio La Torre, Colajanni, Nisticò e Andrea Finocchiaro Aprile), debba chiudere è un’assurdità. A denunciarne il rischio, per primo, il professore Matteo Di Figlia, docente associato di Storia contemporanea all’Università degli Studi di Palermo. Proprio in questi giorni, Di Figlia ha deciso di lanciare su Facebook un appello a sostegno dell’Istituto «ancora una volta a rischio chiusura». Nel post, sottoscritto e condiviso da centinaia di utenti, il docente denuncia anche le condizioni cui versano le altre biblioteche palermitane.

L’emeroteca storica della Biblioteca Centrale della Regione Siciliana «purtroppo, è in buona parte inconsultabile da ben cinque anni, da quando – ricorda Di Figlio – nel 2015 un incendio ha reso inaccessibile una parte del plesso. L’emeroteca della Biblioteca Comunale di Palermo, altrettanto ricca, è invece chiusa da oltre vent’anni». Ma torniamo al Gramsci: a dettare il rischio della chiusura dell’istituto sarebbe un contenzioso con il Comune di Palermo. L’istituto, in attesa del rinnovo di una convenzione stipulata negli anni Duemila, avrebbe accumulato i debiti dell’affitto dei locali. Nel 2018, nonostante le rassicurazioni da parte di sindaci ed assessori, sarebbe infine arrivata l’ingiunzione, l’invito ufficiale dunque, da parte del Comune, a procedere con i pagamenti.

Le somme accumulate a oggi sono troppo gravose per le casse del Gramsci, che ancora oggi non riuscirebbe a sborsare in un unica soluzione. «Questo problema si deve risolvere – afferma Salvatore Nicosia, presidente dell’istituto – e se non si risolve, si rischia di chiudere un istituzione culturale fondamentale». L’Istituto custodisce al suo interno fondi archivistici importantissimi e rende accessibili le collezioni di numerosi quotidiani, rappresentando, tra l’altro, una fonte indispensabile per chi studia la storia della mafia e dell’antimafia.

«Non dubitiamo che ci siano motivi tecnici e legali che rendono impervia la strada per un accordo, al di là della volontà politica degli amministratori – aggiunge Di Figlia, nella sua lettera aperta – Tuttavia dobbiamo e vogliamo ricordare che una chiusura dell’Istituto Gramsci Siciliano comporterebbe un danno incalcolabile per un tessuto delle biblioteche cittadine già stremato». Possibile che un’isitutuzione di rilievo come il Gramsci venga interrotta per una mera questione burocratica? Tra mancati rinnovi di concessioni e pagamenti arretrati, il primo a condividere l’assurdità della situazione sembra essere proprio il Comune.

«L’istituto ha una valenza strategica – afferma l’assessore alle Culture Adham Darawsha – Noi come abbiamo ribadito in tutti i documenti stilati, in tutti i rapporti, quanto per noi il Gramsci abbia, appunto, un ruolo culturale strategico». Occuparsi del contenzioso però non spetta all’assessorato. «Come assessore alla Cultura non permetterò mai che il centro chiuda per un debito verso il Comune – conclude Darawsha – Si troverà una soluzione». A cercarla è l’assessore al Patrimonio Roberto D’Agostino. «Abbiamo fatto diverse proposte all’istituto da gennaio a questa parte, sembra che si raggiunga l’accordo, dopodiché si torna a ridiscuterlo. Questa settimana sto fissando un’altra riunione per vedere di non arrivare alla scadenza della prossima sentenza».

La soluzione condivisa, che metterebbe fine al contenzioso, sarebbe quella di «chiudere la partita pregressa, attraverso un riconoscimento da parte dell’istituto del reddito e nel contempo una serie di servizi previsti che riescono a compensare l’affitto dei locali, in concessione comunale». Da parte del Comune c’è dunque la piena disponibilità a risolvere i problemi «La presenza dell’Istituto Gramsci a Palermo è assolutamente necessaria – conclude D’Agostino – Con il coronavirus questa cosa in qualche modo si è bloccata nella sua definizione finale, speriamo di riuscire questa settimana a chiudere questa vicenda».

Maria Vera Genchi

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