Alla ricerca delle ‘Colonne d’Ercole’

di Giovanni Albanese

I dialoghi di Platone, segnatamente il Timeo e il Crizia, scritti intorno al 360 a.C., contengono i primi riferimenti ad Atlantide. Ma facciamo parlare Platone medesimo nel Timeo: “Innanzi a quella foce stretta, che chiamasi “Colonne d’Ercole”, c’era un’isola, la quale era maggiore della Libia” – cioè, secondo l’interpretazione antica, del Nord Africa – “e dell’Asia (cioè dell’Anatolia o Asia minore) messe assieme, e da essa non potevasi passare ad altre isole, né tam poco alla terraferma (…). In tempi più recenti (…), essendosi susseguiti sismi e cataclismi, nel volgere d’un dì e d’una brutta notte, tutto, in massa, si sprofondò sotterra, e l’isola Atlantide fu similmente assorbita dai flutti, ov’essa scomparve”.

Nell’introduzione al Timeo, dialogo tra Timeo e Socrate, questi ragiona della civiltà perfetta, già descritta da Platone nella Repubblica (circa 380 a.C.), domandando se egli e i suoi ospiti ricordino una storia, la quale esemplifichi tale società. (a sinistra, foto tratta da ilsentierodialchimilla.com)

Crizia narra che l’antica Atene sembra costituire la “società perfetta, e Atlantide la sua rivale, talché esse siano l’antitesi de’ tratti perfetti”, descritti nella Repubblica.

Atlantide, protetta da Nettuno, era circondata da una pianura, e da alcuni rilievi. Essa, piana e uniforme, era lunga 3000 stadi (555Km.), larga 2000 stadi (370Km.), e a una distanza di circa 50 stadi (9Km.) c’era un monte, e la dimora del re aveva un diametro di 5 stadi (0,92Km.).

Nel Timeo si racconta come Solone, giunto in Egitto, avesse appreso d’una guerra, combattuta tra gli Atlantidei e gli antenati degli Ateniesi, e conclusasi con la vittoria di questi ultimi. Non pertanto, Atlantide, data la sua ubicazione, avrebbe avute mire espansionistiche non poco ambiziose.

Dipoi Crizia narra come Nettuno, invaghitosi d’una Atlantidea, di nome Clito, “recinse la collina, ov’ella viveva, alternando tre zone di mare e di terra in cerchi concentrici di diversa ampiezza, due fatti di terra e tre d’acqua. Rese rigogliosa la parte centrale, occupata da una vasta pianura,facendo sgorgare una fonte d’acqua calda e una d’acqua fredda”.

Posidone e Clito ebbero dieci figli, il primo de’ quali, Atlante, diede il nome all’isola. Dieci territori, in cui fu suddivisa l’isola, furono governate da ciascuno de’ dieci figli di quella coppia.

Il santuario di Posidone e Clito, lungo uno stadio (177 m.) era rivestito d’argento al di fuori, e d’oricalco, oro e avorio all’interno, con al centro una statua aurea di Posidone sul cocchio.

Il rituale da eseguire, dai dieci re, prima di deliberare, prevedeva una caccia al toro, col solo bastone, e una libagione col sangue degli animali uccisi, seguiti da un giuramento e da una preghiera.

La virtù e sobrietà de’ governanti durò per alcune generazioni, finché il carattere umano, con la sua cupidigia, ebbe il sopravvento, e Zeus, chiamati a raccolta gli altri dei, deliberò sulla loro sorte. (a destra, foto tratta da libreriarizzoli.corriere.it) 

(1° puntata – continua)

 

Redazione

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