Oggi avrebbe festeggiato il suo compleanno, magari con qualcuno dei tanti amici con cui condivideva la sua amata Palermo. A pochi passi dal suo gradino, dal gradino dove viveva insieme al fedele gatto Helios, oggi il sindaco Leouca Orlando, insieme alle persone che lo conoscevano e lo amavano, ha scoperto la targa in sua memoria, sotto i portici di piazzale Ungheria. Anche se c’è un piccolo errore, il suo cognome è scritto senza la h finale, il Comune assicura che provvederà subito a sistemare la scritta. Lì, sotto quei portici, ha vissuto e lì ha perso la vita Aid Abdellah, Aldo, non un clochard, ma un uomo libero. Lo descrive così nel suo libro Aldo ed Helios, un sogno di libertà, il giornalista di Tele One Massimo Brizzi, che ha partecipato all’iniziativa e ha presentato il volume scritto per ricordare il suo amico. Il ricavato della vendita sarà destinato all’associazione Angeli della notte, che si occupa proprio di senzatetto, e al gattile Ediga.
La prefazione del volume è stata curata proprio dal primo cittadino. «Credo che quella notte – ha detto Orlando – ci sono state tre vittime: i due ragazzini coinvolti e Aldo. Dobbiamo riflettere su come sia possibile che vada avanti il cambio culturale che c’è stato in questa città. Chi sceglie di vivere senza un tetto non è considerato più un problema estetico, oggi per fortuna si comprende, attraverso il sacrificio di Aldo, che anche una persona che ha scelto di non avere casa può essere un elemento di bellezza per questa città, per costruire comunità. Aldo ci ha aiutato a cambiare culturalmente per questo aspetto».
Nel volume dedicato al mimo parigino, Brizzi non si riferisce mai ad Aldo come clochard: «La sua scelta di libertà mi ha affascinato – dice Brizzi – perché sotto questo profilo mi sento anche io vicino e simile a lui. Aldo però ha avuto il coraggio di vivere questa forma di libertà estrema, tutti noi abbiamo difficoltà a fare scelte di questo tipo. Sicuramente non era un clochard ma un giramondo. Peraltro un clochard è un senza casa, lui una casa l’aveva, erano le stelle, come diceva sempre. Era stato ospitato più volte qua a Palermo, da un bed&breakfast, da un albergo. Forse avrebbe trovato posto anche in una casa. Alla fine però tornava sempre su questo gradino, che io chiamavo la sua dimora, e i tanti amici che aveva conosciuto qua li definiva la sua famiglia». Uno dei suoi amici palermitani infatti si prende cura del suo gatto, il suo bambino, come amava definirlo lo stesso Aldo. Tornava anno dopo anno in città, dove le persone che frequentava stavano iniziando a fargli cambiare la sua filosofia di vita, spiega l’autore del libro, quella di non legarsi a nessuno. «Aldo non voleva svelare il suo passato. “Noi ci stiamo incontrando oggi”, diceva, “il passato ci ha portato a incontrarci e noi dobbiamo parlare di oggi e di domani, non del passato”».
Brizzi incontrò Aldo per l’ultima volta una domenica mattina, lo sera stessa di quel 17 dicembre in cui ha perso la vita: «Era un Aldo diverso, un Aldo triste. Di solito era sempre sorridente. Ma in quel frangente ho sottovalutato questo suo atteggiamento. Mi ha detto “sai quest’anno ci sono problemi, ci sono persone che disturbano, sono stato sotto questo profilo un po’ superficiale. Aldo non si era mai lamentato di nulla. Invece gli ho detto “vedrai che tutto passerà”». Invece quella notte è stato ucciso: «È come se avesse avuto una premonizione». Il giramondo che amava Palermo, aveva anche redatto alcuni punti che secondo lui potevano migliorare la qualità della vita della città, durante le amministrative: «Lui parla dei giovani come riscatto per l’intera società, ma anche delle fasce meno agiate. Parla di teatro, fotografia, cinema. Parla di cultura ma attraverso questa dovremmo cercare di vedere il mondo, che non è come tutti vorremmo».
Ad uno ad uno i suoi amici hanno preso la parola per leggere un brano del libro al quale hanno contribuito con i loro ricordi legati ad Aldo. Vanessa, Gianpiero, Marco, Gaetano. Sono tutti certi che questa persona che ha attraversato le loro vite, e i suoi insegnamenti, non verrà dimenticata. In più adesso un madonnaro di Castelbuono, Pino Pollara, che gira il mondo con la sua arte e per il momento staziona davanti al teatro Massimo, ha realizzato un quadro, gesso su legno, che è stato affisso su una colonna del portico di piazzale Ungheria. Se ci sarà bisogno, verrà a ritoccarlo per lasciare intatta la memoria del gentleman venuto dalla Francia.
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