Alcamo, castello di Calatubo in concessione ai privati Comitato: «Farci un ristorante sarebbe uno sfregio»

«Per la sua posizione ben si presta a essere adibito a struttura turistico-ricettiva». Tra i 200 beni pubblici che il governo Renzi ha deciso di vendere o dare in concessione ai privati c’è anche il castello di Calatubo ad Alcamo, con i suoi quasi mille anni di storia, considerato che l’avvio della costruzione risale al 1093. Il sito fa parte dell’elenco pubblicato sul portale Invest in Italy reale estate, progetto dell’Agenzia del demanio nell’ambito delle azioni per lo sviluppo previste dal decreto Sblocca Italia. 

Nel sito si sottolinea come il complesso – protetto da tre linee difensive fortificate ed esteso su una superficie di 4.500 metri quadrati – è in pessime condizioni e «necessita di consistenti interventi di ristrutturazione e consolidamento». Oltre che essere stato «mortificato dalla costruzione del viadotto autostradale che si snoda a breve distanza». Dal 2007 il proprietario è il Comune di Alcamo che lo ha acquistato per 60mila euro da diversi proprietari, tutti eredi dei Papè principi di Valdina. 

Il destino del castello non sarebbe la vendita, ma la concessione ai privati, come conferma il commissario del Comune di Alcamo, Giovanni Arnone, dirigente della Regione. «Non è ipotizzabile alienare un bene così importante per la storia di Alcamo». L’uomo, momentaneamente alla guida del Comune trapanese, dopo una verifica con gli uffici, esclude che l’ente abbia mai dato un assenso di questo tipo al governo. «Qualora ci fosse un soggetto privato o pubblico interessato ad avere in concessione il bene, deve interloquire con noi, la volontà del Comune si espliciterà in quella sede e dipenderà dall’offerta, servirà capire che tipo di investimenti verranno previsti e la durata dell’eventuale concessione».

Arnone, in ogni caso, si mostra disponibile alla collaborazione coi privati per la valorizzazione del castello. «Quello della concessione – sottolinea – è uno dei pochi strumenti rimasti agli enti locali per non fare degradare i beni, non vedo niente di male se un privato ci guadagna qualcosa attraverso uno sbigliettamento o una piccola attività di ristorazione e al contempo garantisca la messa in sicurezza e la fruibilità del sito». Verosimilmente non sarà comunque Arnone a sedersi al tavolo col possibile investitore, considerato che i cittadini di Alcamo saranno chiamati alle urne per eleggere il nuovo sindaco nel mese di giugno. 

Intanto c’è già chi ha provato, con sacrifici e impegno, a non far scivolare nell’oblio e nell’incuria il bene storico. Sono i volontari del gruppo Salviamo il castello di Calatubo. «Abbiamo raccolto 72mila firme per farlo riaprire, renderlo accessibile a tutti e lo abbiamo aperto per le giornate di primavera del Fai», racconta Maria Rimi. La mobilitazione è valsa il terzo posto nella classifica dei Luoghi del Cuore 2015, e un finanziamento di 30mila euro che, secondo quanto sostiene Arnone, deve ancora arrivare nelle casse del Comune. «Con quei soldi – spiega il commissario – metteremo in sicurezza la cappella per evitare crolli e garantire ai turisti di visitare almeno una parte del castello, quella meno danneggiata». 

Il sito è stato abitato fino alla seconda guerra mondiale, per poi essere abbandonato e lasciato in mano ai pastori, che lo usavano per tenerci le greggi. Proprio la vecchia cappella era il luogo dove producevano ricotta e formaggi. L’intervento previsto dal Comune è condiviso dal comitato che, invece, non vede di buon occhio l’eventuale concessione ai privati. «Prima nessuno si occupava del sito – sottolinea Stefano Catalano, presidente dell’associazione – ed era ridotto a un cumulo di macerie, ora che lo abbiamo ripulito e lo abbiamo reso noto, qualcuno se ne vuole approfittare. Questo bene è della comunità alcamese e potrebbe dare sviluppo a tutti, non solo a pochi, farci ad esempio un ristorante sarebbe uno sfregio. Ci sono i fondi dell’Unione europea – conclude – si intercettino quelli per ristrutturarlo, anziché darlo ai privati».

Salvo Catalano

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