Agrigento, sigilli ai depuratori che inquinano «Hanno rovinato mare, fiumi e terreni agricoli»

Depuratori che inquinano. Non è un paradosso, ma un fatto che si ripete con inquietante costanza nella terra dei paradossi per eccellenza, Agrigento. Giorno dopo giorno, uno dietro l’altro, gli impianti di depurazione dell’Agrigentino sono stati posti sotto sequestro. Porto Empedocle, Palma di Montechiaro, Licata, Ribera, Favara, Cattolica Eraclea, per finire con il più grande: quello del Villaggio Mosè, quartiere popoloso di Agrigento. Un caso, quest’ultimo, definito dell’associazione ambientalista MareAmico «la madre di tutte le lotte». 

Al depuratore, che ha una portata di 4 litri al secondo arriverebbero invece 40 litri al secondo, finendo per scaricare i reflui direttamente a mare. «Questo è un depuratore che inquina – denuncia Claudio Lombardo, di MareAmico – le acque che fuoriescono sono peggiori di quelle che entrano nell’impianto, non danneggia solo i luoghi circostanti, ma anche i fiumi e il mare. Inoltre alcuni agricoltori intercettano queste acque per irrigare i loro terreni». Per questi motivi la Procura della Repubblica di Agrigento sequestrato la struttura e indagato Marco Campione e Giuseppe Giuffrida, rispettivamente presidente e amministratore delegato della Girgenti Acque, società che gestisce il servizio idrico nell’Agrigentino, acompresi tutti gli impianti a cui sono stati posti i sigilli. 

A preoccupare è anche l’atteggiamento degli organi preposti al controllo, come denuncia l’associazione MareAmico: «Nonostante queste gravi situazioni presenti e documentate da tempo, l’Ato non ha mai preso provvedimenti sanzionatori nei confronti dell’ente gestore e addirittura nell’ultima valutazione ha definito il servizio reso da Girgenti acque, “qualitativamente buono”». La stessa associazione ambientalista denuncia inoltre «che gli stessi controlli analitici, con programmazione periodica ed obbligatoria, sono iniziati solo dopo che gli enti in questione hanno avuto contezza dell’indagine penale in corso». 

Il quadro lascia supporre quindi che l’indagine sia solo all’inizio e che potrebbe coinvolgere altre persone. Il depuratore del Villaggio Mosè è solo l’ultimo in ordine di tempo a essere sequestrato. Pochi giorni prima infatti era toccato a quello di Licata (spiaggia Ripellino), che ha inquinato il fiume Salso, e ancora al depuratore di Favara, che sversava nel fiume Naro. «Noi – conclude Lombardo – siamo certi e ci auspichiamo che il numero degli impianti sotto sequestro crescerà, perché in provincia quasi tutti i depuratori sono fuori dai parametri di legge».

Alan David Scifo

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