È risuonato, per l’ennesima volta, lo scorso 25 ottobre il grido lanciato dall’arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, per accendere i riflettori sul pericolo di crollo della Cattedrale e sul dissesto geomorfologico che interessa il colle San Gerlando. Continuano, infatti, ad allargarsi le crepe che attraversano la collina, e che passano all’interno del Duomo agrigentino, mettono a rischio non solo il monumento ma anche le 34 abitazioni sottostanti e ben 21 attività commerciali. Case e negozi che sono a rischio sgombero.
Dopo tante promesse non mantenute da parte delle istituzioni, il prelato ha promosso una marcia silenziosa, che si è svolta ieri, per scuotere le coscienze e concentrarsi sulle possibili soluzioni. Il corteo si è mosso da via Imera per attraversare via XXV Aprile, via Gioeni, via Plebis Rea, piazza Bibbiria, via Duomo e concludersi in piazza don Minzoni, davanti alla Cattedrale. Indignazione e sensibilizzazione sono state le parole d’ordine per denunciare una vicenda che si protrae da oltre sei anni. Dopo l’iniziale chiusura, nel febbraio del 2011, della navata nord della Cattedrale dedicata a San Gerlando, si è deciso di interdire al pubblico l’intero edificio per avviare la messa in sicurezza, attraverso un progetto, commissionato dall’Arcidiocesi di Agrigento e dall’ufficio beni culturali della Regione Sicilia, per una cifra complessiva di un milione e mezzo di euro. Lavori, però, non ancora realizzati, non per mancanza di fondi ma per problemi burocratici che interessano la stabilità della collina.
«Noi viviamo una situazione paradossale – spiega il sindaco Calogero Firetto – perché abbiamo partecipato al bando dell’assessorato e abbiamo ottenuto il finanziamento e, salvo ricorsi, a dicembre potrebbe esserci l’avvio del cantiere che riguarda solo la Cattedrale. Il dramma rimane sul problema del colle che scivola – aggiunge il primo cittadino –. Nonostante ci siano i soldi non viene operata la gara d’appalto di livello europeo, per la progettazione di messa in sicurezza del colle, per un problema di competenze». Il braccio attuatore, onerato dell’intervento, doveva essere l’assessorato al Territorio e Ambiente ma, un anno e mezzo fa, il governatore Crocetta ha dato l’incarico alla protezione civile, purché ci fosse il trasferimento delle risorse. Passaggio burocratico tecnicamente mai avvenuto, che lascia bloccati nelle casse dell’assessorato i cinque milioni di euro disponibili.
«Si è perso del tempo preziosissimo – aggiunge Firetto – e nel frattempo la Cattedrale continua a scivolare. Con questa cifra avremmo la progettazione esecutiva sul versante interessato e, terminati i nostri lavori, metteremmo in sicurezza il corpo di fabbrica». Situazione paradigmatica che, grazie all’appello dell’arcivescovo, ha portato in piazza cittadini, partiti politici e associazioni, a cui si aggiungeranno numerosi gruppi di tutte le parrocchie dei 43 Comuni dell‘arcidiocesi agrigentina, per salvaguardare il luogo di culto più importante della città, che in 400 anni ha subito uno scivolamento di novantasei centimetri, con un’attività che si è intensificata proprio negli ultimi anni.
«Il territorio, nel corso del tempo, ha dato tutte le avvisaglie e di interventi importanti se ne potevano fare», spiega Paolo Giansiracusa, ordinario di Storia dell’arte dell’Accademia delle Belle Arti di Catania. «Si è preferito invece tergiversare – prosegue il docente – e usare piccoli palliativi anziché operare un intervento radicale. Bisognava palificare la collina, fare contrafforti e bloccare il movimento della chiesa, con un lavoro esterno, per ricucire questa ferita naturale». Il monumento dedicato a San Gerlando è una delle chiese più antiche del territorio e presenta, ancora oggi, i segni dell’architettura medievale, riscontrabili nel torrione duecentesco, che è stato modificato nel tempo e, all’interno, nelle arcate delle tre navate.
Un edificio che nel corso dei secoli è stato ristrutturato, ampliato, modificato e decorato, conservando altari barocchi, stucchi e sculture che costituiscono un patrimonio pittorico, scultoreo di tutta rilevanza, che rischia di essere cancellato. «Se questo fenomeno si fosse presentato nel Settecento o nell’Ottocento – aggiunge Giansiracusa – avrebbero fatto quei contrafforti di pietra che si vedono ancora oggi ad Assisi. Purtroppo questo fenomeno si è presentato nella nostra epoca, che è l’era della negligenza. La regione doveva mettere al primo punto dei propri programmi la ristrutturazione di questa cattedrale che non è da meno rispetto alle chiese del centro Italia, dove gli interventi sono immediati. Vorrei capire – conclude Giansiracusa – se dovesse verificarsi un crollo come si difenderanno tutti coloro che fino ad oggi hanno temporeggiato».
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