Agricoltura, le lobby vincono ancora a Bruxelles: bocciata la norma sui succhi di frutta

Ancora una volta a Bruxelles, a dettare legge sono le lobby industriali. Solo così si spiega la bocciatura della norma italiana contenuta nel Decreto Balduzzi (art. 8) concernente l’incremento della percentuale di succo naturale di frutta – dal 12% al 20% – nelle bevande analcoliche a base di frutta.

Per l’Ue  la norma è  inapplicabile perché le misure introdotte sono state giudicate lesive delle norme europee in materia di libera circolazione delle merci.

Non ci vuole molto a capire che le multinazionali che imbottigliano bevande, non ne vogliono sapere di rispettare obblighi del genere. Per loro è più conveniente aumentare la quantità dell’acqua e degli additivi. Alla faccia delle sorti dell’agricoltura italiana e della qualità dei prodotti.

Contro questa bocciatura si scaglia la Cia (Confederazione italiana agricoltura) siciliana:  “Era prevedibile, sostiene la Cia siciliana, ma la norma nazionale era stata pensata per promuovere il consumo di succhi a base di frutta nostrana e si sperava fosse uno dei molteplici interventi che avrebbero potuto sostenere l’intero comparto. Anche se un simile decreto, sostiene la Cia, non avrebbe comunque potuto sostituire la forte e autorevole azione di promozione, divulgazione ed educazione alimentare condotta dal Ministero delle Risorse Agricole ed Alimentari e dagli Assessorati regionali all’Agricoltura”.

Dopo la bocciatura della norma, secondo la CIA “si rende ancora più necessario che la Regione Siciliana metta in campo apposite campagne di divulgazione degli effetti benefici e di educazione alimentare con cui divulgare i principi nutritivi e salutistici delle arance siciliane e degli altri prodotti tipici regionali siano valorizzati. Una buona spremuta al 100% di arance siciliane vale molto di più per la salute di qualsiasi bottiglietta o lattina con uno scarso contenuto di succo e dalla provenienza incerta. La sfida dell’agricoltura siciliana si vince sulla qualità e sull’unicità del prodotto: occorre promuoverlo, farlo conoscere e apprezzare in Italia e all’estero riorganizzando le filiere e il marketing”

C’è da dire che la norma di per sé non avrebbe garantito l’utilizzo  di frutta italiana. E che per invertire la rotta di una politica agricola europea che sta solo danneggiando l’agricoltura italiana, sarebbero necessarie riforme radicali. A partire dalla questioni relative all’etichettatura e alla tracciabilità. Due questione che agitano le solite lobby che ultimamente si sono opposte con forza all’introduzione della tracciabilità delle olive utilizzate per la produzione di olio.

In buona sostanza, le multinazionali vogliono continuare a vendere l’olio omettendo di specificare i Paesi di provenienza delle olive.

Redazione

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