Agricoltura: 2,2 miliardi alla Sicilia per il 2014-2020 Cantine, agriturismi, frutteti: come attingere ai fondi

Oltre due miliardi e 200 milioni di euro per l’agricoltura siciliana. Lo prevede il nuovo Piano di sviluppo rurale della Regione siciliana, valido per gli anni compresi tra il 2014 e il 2020. Il primo tra le regioni italiane in termini di risorse finanziarie, con un miliardo e 300 milioni di finanziamento europeo e 874 milioni di co-finanziamento nazionale. Agricoltura biologica, banda larga nelle aree rurali, attività extra agricole nel settore turistico, start up agricole, energia da fonti rinnovabili, contrasto al dissesto idrogeologico: questi, solo alcuni dei settori finanziati con il documento di programmazione recentemente approvato dalla direzione generale dell’Agricoltura e dello sviluppo rurale della Commissione europea.

Il Piano di sviluppo rurale (Psr) è il principale strumento, a disposizione delle autorità regionali, per lo sviluppo del settore agricolo e delle aree rurali. La strategia del programma si basa su una programmazione pluriennale definita a seguito di un’analisi dei bisogni socio-economici e ambientali delle aree rurali. Il Psr 2014-2020 contiene le misure disponibili per gli agricoltori e quelle per i diversi attori delle aree rurali (Comuni, piccole e medie imprese, altri enti). «La misura numero 4, per esempio, riguarda gli investimenti in immobilizzazioni materiali e contribuisce all’obiettivo dell’ammodernamento, ristrutturazione e sviluppo del sistema produttivo agricolo e agro-alimentare, migliorando il rendimento globale e la competitività delle imprese sui mercati», spiega Michela Giuffrida, eurodeputata del Partito democratico, che domani, venerdì 18 dicembre alle 9 e 30, all’Hotel Excelsior-Mercure di piazza Giovanni Verga, a Catania, illustrerà i contenuti del piano insieme all’assessore regionale all’Agricoltura, Antonello Cracolici.

«In questa maniera – prosegue la componente della commissione Agricoltura del Parlamento europeo – si possono finanziare l’acquisizione, la costruzione o il miglioramento di beni immobili (terreni, fabbricati, viabilità aziendale ed elettrificazione aziendale) al servizio della produzione, dell’attività di allevamento, della lavorazione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli». E ancora la realizzazione di nuovi impianti, la ristrutturazione e la riconversione colturale e varietale di colture poliennali, l’acquisto di macchine e attrezzature agricole nuove, o di quelle per la conservazione, lavorazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli.

I beneficiari della maggior parte delle misure sono gli agricoltori che, al momento della presentazione della cosiddetta domanda di aiuto, devono avere a disposizione un fascicolo aziendale con tutte le informazioni sui terreni e sull’azienda agricola e, laddove necessario, la partita Iva in agricoltura e l’iscrizione alla Camera di commercio. Disponibili pure misure per i Comuni o per le piccole e medie imprese, come la 6.2: aiuti all’avviamento d’imprese per le attività extra-agricole nelle zone rurali. Come la produzione tramite fonti rinnovabili e la razionalizzazione dell’uso di energia, l’attività di turismo rurale e di valorizzazione di beni culturali e ambientali.

Questo l’iter da seguire: dopo la pubblicazione dei bandi da parte della Regione, gli agricoltori presentano le domande nei centri di assistenza agricola accreditati (come l’Agea) o nei competenti uffici regionali. Successivamente si procede alla verifica delle pratiche. In genere, se la domanda di aiuto è idonea, entro 12-18 mesi dalla presentazione, il beneficiario riceve le somme sul proprio conto corrente. Determinante il ruolo della Regione. È l’autorità di gestione del Psr 2014 – 2020 e quindi il principale responsabile della gestione e dell’attuazione del programma. I Comuni svolgono un ruolo chiave per alcune misure, come ad esempio la numero 19, l’approccio leader gestito dai Gruppi di azione locale (Gal) costituiti da soggetti pubblici e privati rappresentativi degli interessi socio-economici del territorio, che si associano in una partnership pubblico-privata e assumono un ruolo operativo, sia gestionale che amministrativo.

A far ben sperare è la rendicontazione – ancora in corso – delle spese della passata programmazione (2007-2013): «Oltre il 95 per cento delle risorse – afferma Giuffrida – è stato già speso e ci si attende di arrivare a circa il 100 per cento. Nell’immaginario collettivo la spesa pubblica spesso è sinonimo di sprechi, mentre, soprattutto per i programmi finanziati da fondi europei, la rendicontazione è molto severa. Vi sono molti buoni progetti finanziati: nuove cantine, nuovi impianti di frutteti, centri di trasformazione, agriturismi. Inoltre, il sostegno all’agricoltura biologica è stato molto efficace. La Sicilia è diventata leader in questo settore». Una riflessione, secondo l’europarlamentare, andrebbe fatta invece sui tempi di erogazione e sulla qualità della spesa: «Implementare un programma di sviluppo rurale secondo le precise regole della legislazione europea – conclude – non è semplice. Bastano piccoli ritardi burocratici per rallentare l’avanzamento di un programma. Per migliorare le cose dobbiamo tutti prefiggerci obiettivi comuni e perseguirli sia a livello europeo sia a livello di applicazione regionale».

Fabio Bonasera

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