Agguato Librino, improvvisa vendita del market di via Diaz Luogo (e motivo?) del primo scontro tra Cursoti e Cappello

Detersivi, carne di vitello, olio di semi. Sono alcuni dei prodotti in promozione che compaiono nell’ultimo volantino del mini-market di via Armando Diaz. L’offerta sulla carta sarebbe dovuta scadere ieri, ma in realtà non è mai partita. Il negozio di alimentari riconducibile a Gaetano Nobile, una delle decine di persone coinvolte nell’agguato di viale Grimaldi dell’8 agosto, ha chiuso i battenti. Una decisione improvvisa, presa pochi giorni dopo la stampa dei volantini. La promozione avrebbe dovuto coprire il periodo tra il 27 agosto e il 20 settembre. «Non so dire quando è stato, ma ho visto persone che portavano via la merce. Erano indaffarati, non so altro», racconta chi in via Diaz passa spesso.

Che la voglia di parlare da queste parti sia poca non stupisce. È proprio a pochi metri dal mini-market che si è svolto l’antefatto della sparatoria a Librino. Una vicenda che ha ricatapultato Catania negli anni più bui, tra sangue sull’asfalto e decine di proiettili esplosi quando ancora non era sera. Protagonisti il clan Cappello e quello dei Cursoti Milanesi. Da anni nemici, più che rivali. Ad avere la peggio in viale Grimaldi sono stati Enzo Scalia e Luciano D’Alessandro, ritenuti entrambi vicini al primo gruppo. E D’Alessandro sarebbe stato tra le persone che il giorno prima dell’agguato si trovavano in via Diaz quando davanti al mini-market di Nobile si è presentato, accompagnato dai propri uomini, Carmelo Di Stefano.

Attuale capo dei Cursoti e figlio di Tano Sventra, il braccio destro del boss Jimmy Miano e con lui coinvolto nelle vicende dell’autoparco di Milano, Carmelo Di Stefano è una delle due persone ancora in carcere dopo gli arresti seguiti alla sparatoria. Per i magistrati, sarebbe stato l’ideatore dell’agguato ma non solo. Il 50enne, il pomeriggio del 7 agosto, è stato protagonista di un’aggressione a colpi di casco nei confronti di Gaetano Nobile, il titolare della bottega. «Mi trovavo appena fuori al mini-market, sono riuscito a scappare verso il bar», ha raccontato il titolare indicando nell’altro esercizio commerciale di proprietà – il bar Diaz, appunto – il luogo in cui ha trovato riparo. Quel pestaggio avrebbe spinto Nobile a cercare sostegno nel clan Cappello, a cui è ritenuto vicino per vincoli di parentela. La richiesta, stando ai verbali, avrebbe portato a organizzare per l’indomani una spedizione punitiva nei confronti di Di Stefano. La caccia all’uomo, che avrebbe avuto tra i protagonisti anche Massimiliano Cappello, il fratello del boss ergastolano Turi, si concluderà con l’apertura del fuoco in viale Grimaldi dove i Cursoti, fiutato ciò che stava accadendo, hanno atteso il passaggio del gruppo rivale. 

Mentre il lavoro degli investigatori va avanti, la chiusura improvvisa del mini-market non è passata inosservata. Dalla vetrata si intravedono gli scaffali pressoché vuoti. Soltanto qualche prodotto sparso qui e lì, forse dimenticato. Vicino al registratore di cassa, invece, c’è un casco e poco più in là il Pos, il dispositivo per pagare con la carta di credito. Particolari che fanno pensare che il trasloco non sia stato ancora completato. Intanto, dopo che l’espositore con i volantini è stato portato via, è comparso un cartello con la scritta vendesi. La bottega non è stato soltanto il luogo in cui è avvenuta l’aggressione dei Cursoti ai danni di Nobile. Stando alle dichiarazioni dello stesso titolare, avrebbe attirato le attenzioni di Di Stefano che avrebbe voluto rilevarla. Una volontà che a Nobile sarebbe arrivata tramite un suo uomo di fiducia, poi rimasto ferito nell’agguato. «Circa tre mesi fa – ha detto Nobile ai magistrati – Di Stefano ha detto di chiedermi se avessi intenzione di vendere, ma io, senza dargli nemmeno una risposta diretta, dissi di riferirgli che non era mia intenzione. Nel fare questo ero consapevole del fatto che avrei potuto avere problemi». 

Al momento non è chiaro se il motivo scatenante il ricorso alle armi da parte dei due clan sia stato il rifiuto di cedere la bottega – un’altra pista condurrebbe a dissapori tra Nobile e il figlio di Di Stefano – né se l’improvvisa chiusura abbia a che vedere con quanto accaduto ad agosto. Quello che è certo è che si tratta del secondo episodio che vede protagonista il 34enne giovane imprenditore: poche settimane fa una serie di scritte, in cui Nobile veniva accusato di essere «sbirro», sono comparse in alcuni quartieri della città. 

Simone Olivelli

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