«Io lavoro qui di notte, fino alle sei, ma proprio stanotte ero raffreddata e non sono andata. Se avessi visto o sentito qualcosa lo avrei riferito ai carabinieri». In via Pistone, nel quartiere San Berillo, l’omicidio di un giovane nordafricano, avvenuto questa notte intorno alle 2.15 di fronte al civico 88, è l’argomento del giorno. «Forse è il rasta, il fratello di Assan, loro vanno spesso in giro a fare furtarelli, devono aver litigato per la refurtiva», ipotizza un ragazzo in una bottega di via Di Prima. Ma sono solo voci di quartiere, perché nessuno ha visto o sentito. Restano solo le tracce di sangue del ragazzo, trovato senza documenti e reso irriconoscibile in volto a causa dei colpi subiti, probabilmente preso a sassate da un connazionale, che lo ha lasciato in strada fino all’arrivo dei soccorsi. Sul caso indagano i carabinieri della stazione di piazza Dante.
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«Alle tre le persone normali, quelle che non spacciano e non si prostituiscono, dormono», dice un ragazzo senegalese. Che tiene a sottolineare la differenza fra «loro» e se stesso. «Abitiamo nella stessa strada, ma si riuniscono sempre la sera, fanno casino, sono anche maleducati e non salutano», spiega. E in strada di algerini, marocchini o libanesi, alcune delle varie nazionalità attribuite al giovane senza nome, non c’è traccia. «Forse stavano in un palazzo in via Reggio, ma ora in giro non c’è nessuno», riferisce una delle prostitute che a decine popolano le viuzze del vecchio quartiere a luci rosse catanese. Nessuna pare che questa notte fosse a lavoro.
«Sembrerò razzista, ma li devono uccidere tutti: rubano, fanno casino, non hanno nessuna voglia di lavorare», ci dice invece un ragazzo italiano, che fa l’artigiano. E la dinamica dei fatti, per lui, sembra essere chiara. «Hanno fatto uno scippo in piazza Teatro Massimo, e dopo hanno litigato per dividersi la refurtiva. Fanno continuamente furti, a noi hanno portato via più di mille euro di utensili». E l’artigiano, che cela a stento la rabbia, dichiara «non ce la facciamo più, ogni mattina le strade sono bloccate dalle loro auto e dobbiamo litigare per passare. Dovrebbero farli andare tutti via: li caricano su una nave e ci lasciano lavorare».
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