Una segnalazione all’Anac e un esposto alla Corte dei Conti. Così il gruppo consiliare del M5s cerca di far chiarezza sulla pratica dell’affidamento diretto da parte del Comune di Palermo, dopo la richiesta di accesso agli atti coi quali si è analizzata la mole di determine nel settore culturale tra il 2017 e il 2018. «L’affidamento diretto dovrebbe essere un’eccezione e invece qui è la regola – attacca Ugo Forello -. Intendiamoci, la maggior parte delle iniziative sono lodevoli, ma non è questo il modo di farle fare. I principi di trasparenza, parità di trattamento e il ricorso a procedure concorsuali sono state costantemente ignorate. Tutto ciò è anche il risultato di una incapacità dell’amministrazione comunale di operare una corretta programmazione e progettazione dei propri fabbisogni, nonché una verifica delle possibilità offerte nel mercato culturale per soddisfare gli stessi».
Nello specifico il M5s Palermo affronta 113 casi per oltre 3 milioni di euro. E il gruppo consiliare analizza alcuni specifici. «Si vanno poi a finanziare progetti già finanziati dal patto per il Sud – aggiunge il capogruppo -. È il caso ad esempio delle due determine a favore della Fondazione Sant’Elia. Che tra l’altro è competenza della provincia, ma come abbiamo constatato a dicembre del 2017 e a marzo del 2018 il Comune ha elargito fondi per un importo complessivo di 470mila euro. Sono modalità di azione che sfuggono a ogni controllo». Oppure si pensi alla delibera del 10/11/2017 con la quale il Comune ha finanziato il laboratorio D’If, di Letizia Battaglia, per 50mila euro. «Nulla da dire sulla figura di Letizia Battaglia, che rimane una delle più grandi fotografe al mondo. Ma allora perchè non fare un bando pubblico affinché gli operatori culturali siano tutti a conoscenza di quel che accade e possano partecipare?».
Mentre Viviana Lo Monaco pone l’accento su Manifesta, la biennale d’arte contemporanea che partirà a giugno. «C’è una delibera del 30 dicembre del 2014, approvata alla 22 e 30, il sindaco Orlando ha avuto approvato dall’allora consiglio un impegno di 4 milioni di euro per la biennale di 4 anni dopo, con tutta una serie di eventi collaterali che avrebbero dovuto svolgersi negli anni successivi. E allegata alla delibera c’è il parere del segretario generale che affermò come non ci fosse ancora una traccia di business plan. Ad oggi non è stato poi manco pubblicato il bilancio di Manifesta del 2017, e si tratta di più di 2 milioni di euro».
Tutte le determinazioni richiamano l’applicazione dell’art. 63 comma2 lettera b del codice degli appalti, senza alcuna specifica motivazione riportando sempre la stessa affermazione sull’unicità del progetto e impossibilità di confronto con altri progetti. «A distanza di 10 anni – afferma ancora Lo Monaco – in assenza di una vera discussione e approvazione di un simile documento, oggi assistiamo a una emorragia, e quindi al dilagare, di atti unilaterali privi di programmazione di medio-lungo termine, come se cultura a Palermo significasse esclusivamente “collezione indiscriminata di eventi”. La logica dei numeri si è sostituita alla logica della qualità nell’anno in cui Palermo è capitale italiana della Cultura».
Forello mostra poi un atto, risalente al 13 aprile, con il quale la ragioneria del Comune «ha recentemente richiamato l’amministrazione a non effettuare affidamenti discrezionali, guarda caso dopo il nostro accesso agli atti. Faccio poi notare che molti affidamenti sono stati fatti durante il periodo elettorale. E mi chiedo: ma chi glielo dice agli operatori culturali di presentare un progetto, sapendo magari che gli verrà approvato? Non non vogliamo essere distruttivi ma costruttivi, e chiediamo che i soldi vengano impiegati con una pianificazione. Questo modo di operare è lo stesso che ha creato il disallineamento delle partecipate».
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