«A me ha detto che aveva risolto tutti i problemi, in ogni caso posso dirle che è un professionista competente e disponibile». Risponde così la sindaca di Comiso Maria Rita Schembari, quando le si fa il nome di Paolo Sciumè, 78enne avvocato di origini emiliane ma attivo a Milano che l’8 marzo è stato nominato consulente dell’ente locale. L’incarico, remunerato con poco più di 1800 euro lordi al mese, scadrà a inizio settembre. In quest’arco di tempo, il legale avrà il compito di fornire assistenza in tema di programmazione comunitaria, rapporto con le partecipate e, soprattutto, con l’aeroporto Pio La Torre, gestito dalla società Soaco, di cui il Comune di Comiso possiede attualmente il 5,59 per cento delle quote mentre il resto è nelle mani di Sac, la società aeroportuale che detiene lo scalo di Catania.
Oltre a essere un affermato professionista, Sciumè, che è vicino a Comunione e Liberazione, ha occupato le pagine dei giornali per vicende giudiziarie che lo hanno visto direttamente coinvolto. La più eclatante è stata quella del crac Parmalat, per il quale nel 2014 venne condannato in via definitiva a oltre cinque anni. Due anni fa, invece, Sciumè ha visto ridurre da dieci a tre anni e mezzo la pena accessoria dell’interdizione per l’esercizio dell’impresa commerciale e incapacità di esercitare uffici direttivi. «Mi ha accennato in una circostanza di avere avuto questo problema, ma ho capito che era rientrato – dichiara Schembari -. Comunque credo che se una persona finisce di scontare la propria pena per errori commessi nel passato abbia il diritto di voltare pagina». Il pensiero della prima cittadina comisana riprende in parte le valutazioni dei giudici che hanno ridotto l’interdizione per il legale milanese, che nel 2019 hanno parlato di «grave incidente di percorso, ormai risalente nel tempo».
La scelta di affidarsi a Sciumè è figlia di una conoscenza nata tre anni fa. «Era estate e l’avvocato mi fu presentato da amici in comune, viene spesso da queste parti, credo abbia una casa a Ispica – continua Schembari -. Quella era una fase in cui si stava valutando la possibilità che Soaco affittasse a Sac il ramo d’azienda aeroportuale. Chiesi a Sciumè un parere legale e ci spiegò che non era una strada percorribile, perché lo statuto della società esclude che si possa dismettere quella che è di fatto la propria principale ragione d’essere, ovvero far decollare e atterrare aerei». Sulla scia di quell’esperienza positiva, Schembari ha di recente deciso di puntare in maniera più strutturata sull’avvocato. «Ci sta affiancando per dirimente le questioni che riguardano Soaco e il progetto di realizzazione della piattaforma cargo a cui si sta pensando – spiega la sindaca -. La Regione ha dato la disponibilità a finanziare la progettazione, poi starà trovare gli investitori per la costruzione».
La bancarotta dell’azienda di proprietà della famiglia Tanzi non è l’unica vicenda finita sotto i riflettori in cui è finito coinvolto Paolo Sciumè. L’avvocato, che negli anni scorsi ha avuto una consulenza anche dalla partecipata etnea Catania Rete Gas, è stato condannato in primo grado e poi prescritto in appello per la storia – risalente a metà anni Duemila – del riciclaggio del patrimonio di Francesco Zummo, l’imprenditore palermitano legato a Vito Ciancimino, l’ex sindaco mafioso di Palermo. Zummo, il cui impero fu anche frutto del sacco edilizio della città, era accusato di avere usufruito della disponibilità della banca svizzera Arner, attiva alle Bahamas come Arner Bank und Trust Limited, per fare perdere le tracce di 13 milioni di euro. Il piano avrebbe previsto la creazione di tre trust (istituto giuridico anglosassone) di cui era beneficiaria la moglie di Zummo e di un fondo denominato Pluto. Il nome di Sciumè, nel corso di quell’indagine, venne fuori in un’intercettazione. Gli investigatori appurarono che a presentare Zummo al dirigente della Arner Bank Nicola Bravetti era stato proprio l’avvocato milanese.
Dopo una lunga controversia all’interno delle aule di giustizia, a inizio dicembre la Direzione investigativa antimafia ha eseguito un decreto di confisca del valore complessivo di 150 milioni di euro nei confronti di Zummo. L’imprenditore, oggi 88enne, è ritenuto essere stato vicino alle famiglie mafiose palermitane della Noce e dell’Uditore, ma anche prestanome di boss del calibro di Gaetano Badalamenti. A interessarsi a Zummo e alla sua rete di protezione era stato anche Giovanni Falcone. Per gli inquirenti del processo sul fondo Pluto a Nassau, Sciumè era consapevole dei trascorsi giudiziari di Zummo quando lo presentò ai vertici della Arner Bank.
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