Sono state le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giovanni La Rosa a fornire i dettagli dell’omicidio di Nicola Ciadamidaro, scomparso da Adrano, in provincia di Catania, la sera del 6 giugno 2016. Un caso di lupara bianca – con il corpo che non è stato mai ritrovato – nell’ambito delle dinamiche mafiose locali per vendicare altri fatti di sangue. Sono solo alcuni dei dettagli del blitz della polizia denominato Meteora. L’inchiesta, con l’esecuzione di 18 misure di custodia cautelare in carcere, ha permesso di ricostruire la nuova struttura organizzativa del clan locale dei Santangelo, al cui vertice vi sarebbe stato Toni Ugo Scarvaglieri. Secondo gli inquirenti ad uccidere Ciadamidaro, che apparteneva al gruppo emergete dei Liotta-Mazzone, sarebbero stati Gianni Santangelo, detto Giannetto, Nicolò Rosano, conosciuto con l’appellativo di pipituni come l’omonima cosca, Antonino Bulla detta ‘u piccidirddu e Salvatore Crimi inteso come Turi ‘u cani. Obiettivo vendicare Alfio Rosano, Daniele Crimi e Alfio Finocchiaro, uccisi in territorio di Bronte, nei pressi del cimitero, il 27 luglio 2006.
Ciadamidaro venne arrestato nel 2006 e poi scarcerato nel 2014. In quel periodo si era allontanato da Adrano per poi farvi ritorno. Mentre l’uomo si recava in palestra a bordo di uno scooter elettrico sarebbe stato fermato e caricato a bordo di un furgone. Condotto in un terreno di campagna isolato sarebbe stato prima torturato e poi decapitato. Crimi e Antonino Bulla, dopo un periodo trascorso in carcere, sebbene sottoposti ai domiciliari, avrebbero continuato ad avvalersi del ruolo di coordinamento di Toni Ugo Scarvaglieri e avrebbero ripreso il comando del clan, impartendo ordini e direttive al resto degli affiliati e pianificando le strategie criminali dell’associazione mafiosa.
L’inchiesta ha toccato anche il clan Mazzei e l’articolazione attiva nel territorio di Adrano. Al vertice ci sarebbe stato Cristian Lo Cicero. Una reggenza contraddistinta da forti tensioni con le storiche famiglie mafiose locali dei Santangelo e degli Scalisi. Durante il blitz sono state sequestrate diverse armi in dotazione ai due sodalizi mafiosi, tra cui una mitraglietta vz.61 Skorpion calibro 7.65, una pistola semiautomatica Beretta 70 calibro 7.65 con matricola abrasa, un fucile automatico calibro 12 nonché caricatori e munizioni di svariato calibro.
Persone sottoposte a misure cautelari in carcere:
Antonio Bua, inteso “asinello” (cl.1983); Antonino Bulla, inteso “u picciriddu” (cl.1983); Giuseppe Bulla, inteso “u biondo” (cl.1989); Vincenzo Bulla (cl.1994); Cristian Calvagno (cl.1988); Giuseppe David Costa, inteso “pesciolino” (cl.1982); Salvatore Crimi, inteso “Turi u cani” (cl.1986); Giuseppe Fiorello (cl.1998); Alfio Lanza, inteso “Alfredo” (cl.1982); Pietro Lazzaro (cl.1977); Cristian Lo Cicero (cl.1986); Daniel Palmiotti (cl.1985); Carmelo Petronio (cl.1973); Alfio Quaceci (cl.1994); Nicolò Rosano, inteso “pipituni” (cl.1980); Gianni Santangelo, inteso “Giannetto” (cl.1983); Toni Ugo Scarvaglieri (cl.1973); Giuseppe Viaggio, inteso “u puffu” (cl.1983).
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