«Ho conosciuto i ragazzi di Addiopizzo Catania sul forum di Step1. Sapere della loro esistenza ha come rotto una diga dentro di me». Sono le parole di Tommaso Maria Patti, ingegnere in pensione con la passione per la scrittura, che vive a Roma da 35 anni, ma con uninfanzia passata nel capoluogo etneo. Il romanzo Marca Elefante non paga pizzo lha voluto dedicare proprio all’associazione antiracket Addiopizzo Catania. «Per anni ho creduto che questa città non potesse cambiare. Poi ho letto di loro, e quel giorno ho pianto di gioia, perché finalmente vedevo speranza».
Il romanzo lo ha scritto a distanza, via internet. Ha raccolto le testimonianze dei ragazzi catanesi coinvolgendoli in lunghe discussioni sul forum di Addiopizzo. Il risultato è «un romanzo corale, senza un protagonista ma con tanti protagonisti», come lo definisce nel corso della presentazione, svoltasi il nove settembre scorso alla libreria Tertulia. È il gruppo ad agire, non il singolo. Nella realtà così come nel romanzo. Non a caso il presidente dell’associazione, Simone Luca, durante la presentazione del libro parla per pochissimi secondi: «Con gli incontri nelle scuole e all’università, con i murales, e adesso anche con questo libro, vogliamo sottolineare l’aspetto culturale del fenomeno del pizzo. Speriamo di invogliare i giovani alla partecipazione attiva nella comunità».
Un estratto del romanzo viene letto in sala: in via Plebiscito passa un corteo antimafia. Tra i 200 partecipanti e i numerosi striscioni una signora commenta: «Addiopizzo? Certe cose succedono anche a Milano e a Roma». Non avrà anche lei un po di ragione? Una provocazione voluta dallautore che spiega: «È da stupidi dire che altrove è uguale. Spesso viene detto solo per fuggire dai problemi. Sono un ingegnere e i numeri per me contano: qui l’80 per cento dei commercianti paga il pizzo. A Roma non è così».
«Il romanzo non fa distinzione tra il futuro della città e quello dei giovani protagonisti. Il senso di precarietà è palpabile in ogni pagina del libro», commenta Marisa Acagnino, magistrato della seconda sezione del tribunale di Catania intervenuta alla presentazione. «La realtà dei cittadini che lottano contro la mafia è sempre minoritaria e stenta prosegue il magistrato, che da anni è vicina ad Addiopizzo ma i ragazzi non si scoraggiano, il bello del romanzo è questo. Riescono a dare speranza, combattendo la cultura del quieto vivere che fa dire ai ragazzi il pizzo non mi riguarda».
La legalità è un argomento che riguarda tutti: i commercianti, gli imprenditori, ma anche i ragazzi delle scuole. «C’è molto lavoro da fare spiega Patti ci sono tante persone colte, quelli definiti intellettuali, che credono che l’antimafia sia solo tempo perso. Per questo credo che andare a parlare ai ragazzi nelle scuole e nelle università, come fa Addiopizzo, conti moltissimo. Anche più della lista dei commercianti pizzofree».
Il futuro dei giovani è quindi il futuro della città. «Questi ragazzi trovano la speranza dentro se stessi, non altrove conclude Tommaso Maria Patti Lobiettivo da raggiungere è restare in questa città. A Catania è dura, ma la differenza sta nellavere un progetto. I ragazzi di Addiopizzo, a differenza del 99 per cento dei giovani, ce lhanno: cambiare la città. Tuttavia pochi giorni fa ho letto che anche a Favara è nata unassociazione antimafia, si chiama Nicodemo. Io sono nato a Porto Empedocle, a pochi chilometri, e questa notizia mi ha colpito. Forse davvero è in atto una rivoluzione culturale».
[Foto di Marta Dore]
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