«Aspettiamo un altro anno. Se la situazione non cambia, l’anno prossimo chiederò di togliere l’intitolazione a mio padre e dirò di intitolare il parco a un mafioso». Sono le parole pronunciate da Alice Grassi questa mattina alla festa di Addiopizzo alla Magione, in occasione del dibattito dedicato alla riapertura del parco di Acqua dei Corsari intitolato a Libero Grassi. «È l’unica arma non violenta che ho», dice ancora la figlia dell’imprenditore ucciso dalla mafia nel 1991. L’incontro, al quale partecipano anche il chimico Eugenio Cottone e Aldo Penna del Comitato che si batte per la riapertura dell’area, serve innanzitutto per ringraziare gli oltre mille palermitani che hanno firmato la petizione, consegnata alla prefetta Antonella De Miro. Ma anche per capire finalmente quali siano gli interlocutori a cui rivolgersi.
«L’area è in balìa di un drammatico rimpallo di competenze fra Comune e Regione», spiega Penna, che ripercorre la storia del parco e delle iniziative organizzate per la sua riapertura. «Abbiamo cercato di smuovere la situazione attraverso sit-in, pedalate civiche, bagni a mare e pic-nic – dice l’attivista – Ma gli anni passano e l’opera non fa che perdere il suo valore». Neppure l’intitolazione a Libero Grassi, avvenuta nel 2013, è servita da stimolo per le amministrazioni locali, che però non mancano di essere presenti alla cerimonia commemorativa ogni 29 agosto. «Non vogliamo fiori, ma opere pubbliche», continua Penna.
Il rimpallo fra le istituzioni sarebbe principalmente causato dall’imponente canone che il Comune dovrebbe accollarsi, qualora decidesse di occuparsi del parco, di proprietà della Regione. «Questo è un falso problema – torna a dire Penna – Esiste il cosiddetto canone ricognitorio, che permette di applicare un canone agevolato rispetto a quello commerciale quando si tratta di un’amministrazione pubblica che si prende in carico un bene per il godimento dei cittadini». È d’accordo anche il chimico Cottone, che conosce bene la situazione di stallo che tiene chiuso il parco: «Inquinamento è un termine complesso e dovrebbe maneggiarlo solo chi è veramente competente».
Per effettuare la carratterizzazione, l’analisi cioè che permette di sapere cosa ci sia nel terreno, ci sono voluti la bellezza di sette anni, quando si sarebbero potuti impiegare alcuni mesi. E ancora non si procede neppure con l’analisi del rischio, importante per capire come e quanto influirebbe la presenza di eventuali elementi inquinanti. «Una sostanza non fa l’inquinamento – spiega l’esperto – Il problema è la sua natura ma anche la sua quantità. Qui l’unico vero problema è che manca, ai vertici, una concreta realizzazione del binomio competenza-onestà».
«La situazione è ferma soprattutto per il silenzio dei cittadini, che assistono inerti senza pretendere una soluzione. Questo dialogo fra sordi deve essere impedito», conclude Penna. Mentre Alice Grassi avverte: «La mia prossima mossa sarà mandare una lettera al presidente del Senato Pietro Grasso, perché pretenda che il Ministero della salute si rivolga all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale».
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