Addio a Nino Alongi, coscienza cattolico-critica di Palermo Protagonista di una lunga stagione di grandi cambiamenti

Per chi l’ha conosciuto e ha svolto attività sociale accanto a lui, o comunque ha seguito il suo impegno sociale e politico – e chi scrive ha avuto questa fortuna – il professore Nino Alongi, a Palermo, è stato di certo un personaggio importante. Oggi è morto e noi lo vogliamo ricordare per il ruolo che ha svolto in una città che oggi è cambiata. Alla quale Alongi ha dato tanto, con intelligenza, passione civile e politica. 

La Palermo di fine anni ’70 del secolo passato era un’altra città. Completamente diversa da oggi. Segnata dalla presenza di una classe dirigente in buona parte compromessa. Con una tentacolare Dc che permeava tutto e tutti. Con un Pci dai tanti volti, non tutti cristallini (l’isolamento e l’uccisione di Pio La Torre, segretario regionale di questo Partito, avvenuta la mattina del 30 aprile del 1982, ne sono una drammatica testimonianza). Con un Psi sfuggente e toccato in negativo da un Midas arrembante. Da una mafia che, come dirà Padre Ennio Puntacuda, aveva il «volto delle istituzioni». E quanto fossero vere e profetiche le parole di questo gesuita libertario lo sta dimostrando il processo sulla trattativa tra Stato e mafia e, soprattutto, lo stanno dimostrando i personaggi che cercano in tutti i modi di affossare lo stesso processo.

In questa città si muove Nino Alongi, all’interno del mondo cattolico con il quale Pio La Torre costruisce, con grande sapienza e pazienza, il movimento pacifista per provare a bloccare i missili Cruise di Comiso e, in generale, la militarizzazione della Sicilia. La storia non finirà bene, così come oggi, del resto, sta finendo male la lotta contro il Muos di Niscemi. 

Ma se oggi il Muos degli americani vince perché il Movimento No Muos è numericamente debole – con una sinistra debole e un Pd doroteizzato dal centro alla periferia – La Torre, tra l’81 e l’82 aveva messo su un movimento forse troppo forte. Troppo forte e troppo organizzato anche per il suo Partito: quel Pci di Enrico Berlinguer che, ricordiamolo, si sentiva protetto sotto «l’ombrello della Nato». 

Allora Palermo e la Sicilia erano così: se un politico non piaceva si ammazzava e basta. E poi si celebrava con prefiche di maniera e tante lacrime di coccodrillo. Una città-cannibale a tutti gli effetti. 

Era rischioso, allora, a Palermo, fare politica nella Dc e, in generale, nel mondo cattolico andando contro certi capi del partito. Perché il responsabile degli enti locali dello Scudo crociato era un certo Vito Ciancimino: e con lui c’era poco da scherzare. 

Così andavano le cose allora. E contro questo andazzo nacque il Movimento una Città per l’Uomo. Cattolici dissidenti verso una Dc dove Diavolo e Acqua Santa convivevano, non sempre in pace. Di questo Movimento il professore Alongi è stato tra i più importanti protagonisti. Riscendo anche a coinvolgere i giovani studenti universitari con il Movimento Università per l’Uomo, animato da Padre Rizzo, allora docente di Storia romana all’Università e animatore di Universitas, piccolo e battagliero mensile.

Anni particolari. Con l’allora segretario nazionale della Dc, Ciriaco De Mita, che voleva a tutti i costi dialogare con i cattolici dissidenti di Palermo. Forse perché pensava che senza il bandolo della matassa siciliana non avrebbe resistito a lungo in Piazza del Gesù. Con il burrascoso congresso regionale della Dc di Agrigento, che segnerà l’inizio del declino di Vito Ciancimino, che comunque resterà in piedi – potente più che mai – fino all’altra burrasca delle stragi del 1992, e forse oltre. 

Quegli anni, oggi, fanno parte di una storia scritta, in molti casi, male. Dove le ombre continuano a farsi beffa delle luci. Ma da questo gioco delle verità senza verità escono fuori personaggi che, per autorevolezza e storia personale, stavano una spanna sopra tutto il resto. E tra questi c’era il professore Alongi, insieme con Padre Pintacuda e con qualche altro nome. 

Ma attenzione: sembravano in tanti, gli innovatori, soprattutto negli anni della Primavera di Palermo, andata in scena tra il 1985 e il 1990. Ma erano in pochi quelli veri. 

Gli anni successivi sono della meditazione e dell’osservazione. E gli interventi del professore Alongi sui giornali della città sono sempre stati puntuali e ricchi di verità. Sulle persone e sulle cose. Leggerlo era sempre un piacere. 

«Scompare un protagonista della storia della città, testimone di altissima tensione etica e profondità culturale, strenuo promotore del valore della partecipazione democratica», commenta il Sindaco della città, Leoluca Orlando. Assolutamente d’accordo con lui.  

         

Giulio Ambrosetti

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