Acquario a Palermo, la svolta è più vicina Misterioso emigrato mette d’accordo tutti

Periodicamente si torna a parlare della realizzazione di un moderno acquario a Palermo, e negli ultimi tempi lo si fa con notizie sempre più sconfortanti. Ma, dopo mesi di silenzio, potrebbe essere arrivata la svolta. Con una soluzione per i due scogli principali alla realizzazione della avveniristica struttura: l’area e le fonti di finanziamento.

Scenari questi entrambi delicati. Se c’è chi ritiene che la soluzione ideale sia la Cala, dove adesso sorge il mercato ittico, c’è anche chi preferisce la Bandita. In quest’ultimo caso, in un ottica di recupero della costa Sud, l’acquario sarebbe un polo attrattivo turistico attorno al quale far rinascere i quartieri costieri meridionali. E che ha attirato l’interesse anche di un altro vicino centro del Palermitano: Termini Imerese. Punti di vista pressoché inconciliabili, che ora potrebbero essere dimenticati.

D’altronde, anche se si raggiungesse un accordo sull’area, resterebbe il non trascurabile dettaglio che l’opera costa 50 milioni di euro. Ma la soluzione sarebbe a portata di mano, con un importante intermediario ungherese, l’avvocato Leidas Reppec, che ha contattato le istituzioni per conto di un emigrato di origini siciliane che vive e lavora in Australia. Voci e fonti di corridoio parlano di una disponibilità a investire anche 25-30 milioni.

Privato che avrebbe tolto le castagne dal fuoco anche per l’altro problema, suggerendo l’uovo di Colombo: l’area accanto all’ex deposito locomotive di Sant’Erasmo. Vicino al centro, porterebbe alla riqualificazione della foce dell’Oreto. Il tutto in cambio di un piccolo prezzo: la cessione della costruzione di un noto mobilificio straniero ai cugini di Termini Imerese, grazie ai buoni rapporti che l’emigrato di successo ha con gli svedesi.

Le uniche perplessità, ovviamente, sono legate alla figura ammantata di mistero di questo figlio della Sicilia che ha fatto fortuna nel nuovissimo mondo. Ma questa volta sembra emergere qualche particolare rassicurante: l’imprenditore avrebbe una fortuna stimata tra i 600 e i 700 milioni di dollari, frutto di investimenti immobiliari e di commercio import-export dall’Italia verso il mercato dell’Oceania. Sia con prodotti tipici, sia con capi d’allevamento: capre, vitelli e soprattutto bufale.  

Post scriptum: tutto quanto sopra riportato è uno scherzo, dalla storia dell’emigrato australiano all’intermediario ungherese (Leidas Reppec=Pesce d’Aprile). Ci scusiamo se a qualche lettore questa piccola burla non è piaciuta.

Massimo Gucciardo

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