Acqua, nella nuova legge via libera ai Comuni ribelli Ad alcune condizioni non dovranno consegnare reti

L’assessora regionale Vania Contrafatto, nell’ambito della legge di riscrittura della riforma del sistema idrico che dovrà approdare nei prossimi giorni in giunta, punta a regolare al meglio la possibilità per i Comuni di disporre della gestione delle reti idriche. Un tema che riguarda, ad esempio, i centri che non hanno restituito o non vorrebbero farlo, gli impianti, come quelli della provincia di Agrigento. In tempi relativamente brevi alcuni di questi potrebbero essere messi nelle condizioni di poterne disporre a pieno titolo. 

Una delle parti impugnate dal Consiglio dei ministri della legge siciliana sul riordino del sistema idrico, infatti, riguardava proprio la possibilità che veniva data a quegli enti che non hanno mai provveduto alla restituzione delle reti idriche, di continuare a gestirle in modo autonomo. La norma è stata impugnata perché la legge nazionale espressamente ribadisce che il gestore deve essere unico, ad eccezione dei Comuni montani. Il parlamento nazionale ha però emanato una legge, a fine 2015, entrata in vigore lo scorso tre febbraio, che introduce una seconda eccezione. Viene infatti resa esplicita la possibilità di utilizzo delle reti idriche per i Comuni che si trovano a potere soddisfare tre condizioni: avere una fonte di pregio, che questa ricada all’interno di un parco naturale, ed avere un uso efficiente delle risorse. Queste tre condizioni devono essere riconosciute dall’assemblea territoriale idrica, cioè l’insieme dei sindaci, preposta ad individuare chi si trovi in possesso dei requisiti previsti dalla legge. 

In queste condizioni rientrano una trentina di Comuni tra cui Geraci siculo, Scillato e Bivona. Soddisfatto il vice capogruppo all’Ars del Pd e sindaco di Bivona, Giovanni Panepinto: «Oggi si sta cercando di lavorare insieme con il governo e il presidente della commissione, per redigere un testo che elimini alcune incongruenze, ma che mantenga inalterato l’impianto della legge, dalle tariffe alla gestione. Il coinvolgimento dei territori non può e non deve essere una circostanza occasionale, ma una premessa di rispetto di quegli enti che hanno anche investito risorse negli impianti». 

Ad Agrigento sono 17 i paesi ad aver fatto muro. Casi di mancata consegna delle reti idriche si registrano anche nel territorio catanese. Nel 2007 venne annullata dal tribunale di Caltagirone la possibilità di affidare ad un gestore unico il servizio idrico provinciale. Nel territorio di Enna, il primo ad essere privatizzato, invece è più capillare la presenza di comuni che non dispongono più delle reti idriche. Nel Trapanese è prevalente l’utilizzo della gestione dell’ex Eas (Ente acquedotti siciliano), in liquidazione da tempo. I Comuni della provincia di Palermo che hanno resistito tenendo gli impianti hanno aderito alla proposta di legge di iniziativa popolare sull’acqua pubblica. 

Giuseppe Bianca

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