Acqua: il Governo ‘scappa’ da Sala d’Ercole

Giornata persa, oggi, in Assemblea regionale siciliana. In Aula era atteso il Governo regionale di Rosario Crocetta per affrontare il tema dell’acqua. Ovvero una mozione che punta a mandare a casa i privati per tornare alla gestione pubblica del servizio. Argomento ostico per l’esecutivo che, com’è noto, ha cambiato opinione: da ritorno alla gestione pubblica dell’acqua si è convertito alla gestione privata.

Solo che, ieri, il gruppo parlamentare del Pd ha detto a chiare lettere che il Partito una scelta l’ha già fatta: gestione pubblica. Lasciando il Governo Crocetta (e i senatore Giuseppe Lumia) a difendere la gestione privata solo con qualche ‘pezzo’ di centrodestra.

Così, oggi, il Governo ha preferito disertare Sala d’Ercole. Se ne parlerà domani (a meno di una nuova fuga).

La giornata politica di oggi registra alcune presi di posizione sullo sfascio della sanità pubblica siciliana, settore dove la confusione (la parola più giusta sarebbe il ‘bordello’) regna sovrana. L’assessore Lucia Borsellino annuncia nuove assunzioni. Poi, però, il giorno dopo, vuole sbaraccare altri posti letto oltre a quelli che ha già sbaraccato il suo predecessore, Massimo Russo. Ovviamente, dall’agenda del Governo è scomparsa definitivamente la cosiddetta “Medicina del territorio”, ovvero le strutture sanitarie che dovrebbero fare da ‘filtro’ tra la popolazione e gli ospedali.

I Pta (Punti territoriali di assistenza) e i Pte (Punti territoriali di emergenza) erano la promessa del Governo di Raffaele Lombardo che sbaraccava ‘pezzi’ di sanità pubblica siciliana dicendo: “Tranquilli, ora apriamo la sanità del territorio”. Il risultato è che i siciliani aspettano ancora ‘sti Pta e ‘sti Pte. Tecnicamente, si può dire che la medicina del territorio è stata una presa per i fondelli.

Che la sanità pubblica dell’Isola sia ormai un mezzo bordello lo conferma un comunicato congiunto delle segreteria regionali dI Cgil, Cisl e Uil: “Le stabilizzazioni e le assunzioni annunciate in questi giorni nella sanità non bastano a coprire le carenze di organico. Senza interventi correttivi molti reparti ospedalieri sono destinati alla chiusura e alcune prestazioni sanitarie territoriali rischiano di essere interrotte”. Secondo i responsabili delle tre sigle sindacali, “alcune figure professionali di rilevanza strategica quali infermieri, operatori socio sanitari, tecnici di radiologia, tecnici di laboratorio, tecnici della prevenzione, farmacisti ed ingegneri biomedici risultano, nonostante le stabilizzazioni e le assunzioni annunciate in questi giorni, estremamente carenti”.

Non solo: “Le Politiche Sanitarie messe in campo con i Piani di Rientro elaborati per i due trienni 2007-2009 e 2010-2012 si sono rivelate insufficienti rispetto ai servizi erogati alla collettività ed estremamente penalizzati per i lavoratori delle aree contrattuali del Comparto e della Dirigenza non medica”.

I sindacati chiedono dunque l’apertura di un confronto col Governo “per discutere le politiche sanitarie della Regione e stabilire i criteri per dotazione organiche equilibrate, mettendo in chiaro il lavoro svolto dai cosiddetti lavoratori contrattisti che espletano funzioni amministrative rilevanti ai fini del funzionamento del Sistema Sanitario Regionale”.

La Funzione pubblica della Cgil rappresentata da Michele Palazzotto e Caterina Tusa, la Funzione pubblica della Cisl rappresentata da Gigi Caracausi e Francesca Pomara e la Funzione pubblica della Uik da Enzo Tango e Angelo Montalto, nel corso dell’incontro di oggi hanno chiesto “l’immediata attivazione di quattro tavoli tematici per discutere delle principali criticità e delle questioni ancora aperte in merito alle problematiche connesse al personale dipendente”.

Sulla sanità interviene pure il Movimento 5 Stelle per dire “No alla chiusura dell’ospedale di Petralia”. I grillini tornano alla carica per sottolineare l’importanza della struttura: “Un presidio indispensabile per il territorio che non può essere cancellato”.

“Apprendiamo dalla stampa – afferma il deputato Salvatore Siragusa – che il Punto nascita rientrerebbe tra quelli che non è possibile salvare. Chiuderlo o, peggio, depotenziare fino alla soppressione l’intero ospedale è una follia che non può essere fatta solo per un mero calcolo di contenimento della spesa. Il diritto alla salute non può essere visto con la lente del ragioniere”.

“Non vorremmo – conclude Siragusa – che dietro la decisione ci fossero interessi da tutelare, molto lontani dai cittadini e prossimi alle lobbies delle società private. dai cittadini e prossimi alle lobbies delle società private. Se il presidente Crocetta vuole veramente che ci sia un confronto profondo e costruttivo sulle problematiche siciliane con il M5S deve impedire oscenità del genere”.

L’aspetto vergognoso di questa storia dei tagli alla sanità siciliana è che il Governo, nazionale, come abbiamo raccontato ieri, ruba alla Sicilia 600 milioni di euro all’anno. Soldi che Roma avrebbe dovuto restituire alla Sicilia già cominciare dal 2007, quando si decise di aumentare la quota di compartecipazione della Regione alla spese sanitarie.

In tre anni – dal 2007 al 2009 – la quota di compartecipazione della Regione siciliana alle spese per la sanità della nostra Isola è passata dal 42 per cento a quasi il 50 per cento. Roma avrebbe dovuto riconoscere alla Sicilia una quota sulle accise (che sarebbero imposte) sui consumi di idrocarburi fino ad oggi incamerati dallo Stato.

Insomma: nel 2007 è stato siglato un accordo: Roma aumentava la quota di compartecipazione alle spese della sanità alla Sicilia e, in cambio, erogava una quota delle accise fino a coprire il maggiore esborso della Regione siciliana: Regione che, dal 2009 paga 600 milioni di euro all’anno in più.

Per ricevere la quota delle accise sui consumi di idrocarburi serve il placet della Commissione paritetica Stato Regione. Ma lo Stato, da tre anni, le poche volte in cui si riunisce la Commissione paritetica, se ta tocca col mignolo, trovando sempre una scusa per non approvare ciò che è previsto da un accordo. In questo modo lo Stato fotte 600 milioni di euro al’anno alla nostra Regione , cioè a oltre 5 milioni di siciliani. E il Governo Crocetta – con in testa l’assessore all’Economia, Luca Bianchi – invece di andare a fare ‘bordello’ a Roma per farsi erogare i 600 milioni si prepara a tagliare altri servizi alla Sicilia.

La prova che siamo governati da ‘ascari’ e che Roma considera la Sicilia poco più che una colonia.

 

Redazione

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